I Domenica di Avvento – 1 dicembre 2019
Testi della Liturgia della Parola
Is 2,1-5
Sal 121
Rom 13,1-14
Mt 24,37-44
Torna l’Avvento, in queste giornate corte, quando il buio sembra il padrone del mondo e la notte allunga la sua ombra su ogni cosa. Torna l’Avvento, come ogni anno, e rischia di diventare un’abitudine, un rito che si ripete stancamente senza dirci più nulla di nuovo.
Come nei giorni di Noè, ci racconta il Vangelo, quando l’umanità prima ancora di essere sommersa dal diluvio, sembrava annegare nell’incoscienza, nello scorrere del tempo senza qualità e senza speranza. I giorni di Noè sono i nostri giorni quando il ritmo della vita è scandito dalla voracità e dal possesso (“mangiavano e bevevano”), quando la fame di amore che ci angoscia spinge ad abbracciare ciò che è effimero.
In questa stagione in cui le tenebre sembrano sconfiggere la luce e in cui la natura si spoglia e manifesta tutta la sua fragilità, la chiesa ci invita a vegliare, ad attendere con fiducia il ritorno del Signore. E’ il tempo dell’antica invocazione, maranatha (“vieni Signore”), che è come una preziosa reliquia della struggente nostalgia dei primi cristiani che desideravano rivedere il volto del Signore Gesù. Con questa nostalgia e con questa speranza siamo chiamati a vivere il nostro tempo, con fiducia e responsabilità. Noi siamo ciò che attendiamo, e la venuta del Signore rivelerà i cuori che hanno saputo attenderlo senza farsi sopraffare dalla banalità del quotidiano. Il vero
discernimento si gioca sulla nostra capacità di tendere al Signore, di saper custodire il desiderio di Lui oltre il soddisfacimento dei nostri bisogni. E’ così che si decide della nostra vita (“uno sarà preso e l’altro lasciato”). Come un ladro nel cuore notte viene il Signore. Ma un ladro che, in modo paradossale, desidera essere atteso, vuole trovarci svegli. Non viene a portare via niente, viene a cercare noi. È un ladro perché noi ci sentiamo padroni del mondo, delle persone e della nostra vita. Gesù Cristo viene come un ladro per chi non lo riconosce come suo Signore. I suoi servi, che nella speranza vegliano custodendo la nostalgia del suo volto, lo riconosceranno Signore e Salvatore, e cammineranno nella sua luce (1° lettura).
Inizia il nuovo anno liturgico, e la chiesa annuncia che la storia non annega nel buio, ma che i cristiani che sanno attendere nel buio già intravedono le prime luci dell’aurora. “Di fronte ai cambi che scuotono la storia, donaci di sentire sulla pelle i brividi dei cominciamenti. Attendere è sempre segno di speranza. Rendici ministri dell’attesa” (don Tonino Bello).