In nome della madre
Erri De Luca
«Bet Lèhem, Casa di Pane. Tu sei nato qui, su una terra fornaia. Tu sei pasta cresciuta in me senza lievito d’uomo. Ti tocco e porto al naso il tuo profumo di pane della festa, quello che si porta al tempio e si offre».
Alle porte del tempo forte dell’Avvento, un’affascinante romanzo di Erri De Luca, ci accompagna, attraverso semplici e intense pennellate, verso il mistero del concepimento verginale di Miriam.
Una giovane adolescente che diventa subito madre, senza che nessuno scostasse l’orlo del suo vestito; la paura che ne consegue; lo sgomento di Iosef che nello sconcerto soffoca le lacrime con il coraggio; la sofferenza della discriminazione; la gioia di avere tra le braccia un bimbo destinato a grandi cose, un bimbo che ha come luogo di nascita il deserto, «che non viene da un sudore di abbracci, da nessuna goccia d’uomo, ma dal vento asciutto di un annuncio». Questi gli sviluppi che innervano il testo e ne fanno una proposta di lettura entusiasmante.
Mamma giovane ed esperta insieme, Miriam ci fa entrare nella mangiatoia, nel luogo in cui ha vissuto il suo giorno uno della creazione e ci invita a guardare l’umanità spoglia di questa nuova creatura che sa fare nuove tutte le creature, nella sua immensa fragilità. I dialoghi tra madre e figlio hanno un tono così intimo che non si ha difficoltà ad immaginare le scene che continuamente l’autore regala al lettore e a percepire la bellezza che questo testo offre nella possibilità di ammirare la natività da una prospettiva originale quanto commovente.
La nascita di questo bambino è l’inizio di un nuovo mondo, inizio che si potrà attuare solo con l’abbraccio eterno della croce. E la nascita ne è l’overture: «l’ultima sua settimana doveva essere quella di un viandante, senza fissa dimora, sulla schiena di un’asina paziente». Proprio come la prima!
Meraviglioso il dipinto che De Luca ci offre della famiglia di Nazareth, da cui Ieshu assorbe le sane abitudini e gli usi ebraici, con cui un giorno ci parlerà del Regno: «con i gomiti bassi, senza sforzo, ogni sera Iosef divideva il pane. Mai con il coltello, che lo profanava, dopo la benedizione: “Benedetto sei tu Adonài, re del mondo, che fai uscire pane dalla terra”. Quando spezzava il pane, il bambino si muoveva». Si muoveva, forse, di un movimento che dice la fretta di imitare suo padre in terra e di rendere grazie a suo Padre in cielo.
«Così sono restata vergine e però sposa, vergine e però madre. È potente la forza che mi ha tenuto ferma mentre mi lavorava. Così succede al vaso che ruota tra le mani del vasaio: restavo argilla ma scavata, fatta per contenere». L’Avvento può essere proprio questo: un tempo in cui la creatività di Dio, incontrando la nostra libertà fa di ogni innamorato, come di Miriam, un vaso per la Vita!