In questo capolavoro letterario di eccezionale attualità, Erri De Luca celebra con elegante disinvoltura la natura. La natura esposta, in particolare l’uomo. L’uomo esposto alla vita.
È la storia di Lois, un montanaro, apparentemente ruvido come le sue mani, che di mestiere traghetta uomini e donne profughi, «viaggiatori di sfortuna», da una parte all’altra delle montagne e intaglia nel legno i nomi degli innamorati. È la storia di un montanaro che, espostosi alla vita, ad un certo punto, si ritrova da tutt’altra parte, presso la riva del mare, a confrontarsi con un crocifisso che gli trasformerà l’esistenza. Non è la storia di una conversione, ma di una nascita. Ogni colpo di scalpello sulla statua è un passo di ritorno a sé, una scoperta della verità che non scende a compromessi con l’accettabile.
Strano come una statua inanimata, nuda, che rappresenta un uomo in punto di morte con un accenno di erezione genitale – segno della vita che si ribella alla morte – possa smussare la ruvidità della vita di un uomo! Forse era più urgente il restauro dell’anima di Lois che quella del Cristo morente. Certo, quel maledetto motivo che lo ha spinto dai colli alle rive si rivelerà la felice colpa che gli consentirà l’incontro con una Natura che gli sconvolgerà la vita.
In queste pagine, scritte quasi di getto, ritroviamo, tutti, la nostra vita. Ognuno, prima o poi, nella propria esistenza, vedrà il consumarsi del duello tra morte e vita, in cui noi non si ha la facoltà di rimanere spettatori, ma la fortuna di esserne il bottino. Fortuna sì, perché, nonostante noi, la vita vince sempre!