Testi della Liturgia della Parola
Is 50, 4-7
Sal.21
Fil 2, 6-11
Mt 26, 14 – 27, 66
Questo Vangelo ci introduce pienamente nella Settimana Santa. Tutto quello che accade da oggi fino al giorno di Pentecoste sarà intriso dagli eventi di passione, morte e risurrezione di Gesù. Forse questo è il periodo dell’anno liturgico in cui la chiesa ci fa meglio assaporare le differenze fra tempo storico e tempo della grazia.
Questa pericope così lunga ci invita a vivere in un clima di “consegna”, mettendoci di fronte due modi di donare o donarsi. Tutto ha inizio con la più infamante delle consegne e tutto finisce con una la consegna più preziosa.
Una è quella di Giuda, il quale consegna il suo maestro, amico, compagno di vita, non semplicemente dicendo alle autorità dove trovarlo, ma addirittura vendendolo. Non è Giuda a scegliere il prezzo, sono direttamente i capi dei sacerdoti a imporre trenta monete d’argento. Questo era il prezzo da pagare al padrone per la perdita di uno schiavo, nel caso in cui, questo fosse rimasto ucciso (Es 21,32). Cosa significa? Gesù è lo schiavo, che non è ancora morto ma verrà fatto uccidere, c’è quindi la premeditazione; le autorità religiose sono gli assassini; Giuda si fa padrone della vita di Gesù poiché pretende il riscatto. Da una consegna malvagia si scatena una cascata di consegne malvagie e il tutto non può che finire nella tragedia: Giuda si impiccherà per il rimorso di quello che ha fatto e Gesù morirà crocifisso.
Laddove si lascia al male la libertà di agire però non tutto è perduto. C’è la possibilità di una consegna che scardina la logica della violenza, spezza la dinamica dell’odio. È il sacrificio accettato dal Figlio attraverso il quale consegna il suo Spirito all’umanità. Nella storia della salvezza allora Dio non ha mai abbandonato il suo popolo. Anche nel momento di massima distanza tra il Padre e il Figlio, quando Gesù intona il Salmo 22,2; c’è la presenza dello Spirito, che segna l’apice della massima vicinanza della Trinità all’umanità, infatti in essa entra per non uscirvi più una realtà fino ad allora sconosciuta a Dio, la morte. Ed è proprio nel dramma di una morte ingiusta che Dio continua a sigillare la sua alleanza con il suo popolo perché il sacrificio del Figlio diventa il vero prezzo del riscatto. Riscatto da cosa? Dalla condizione di peccato, di male, di morte che abitava intrinsecamente l’uomo e che puntualmente lo allontanava dalla relazione pura e senza ostacoli con il Padre. Si ribaltano le condizioni di quel pagamento sanguinario. Ora Gesù è il prezzo pagato per la salvezza di tutti gli uomini, anzi per la salvezza cosmica del passato, del presente fino al compimento dei giorni di questo mondo; Gesù è la vittima non uccisa ma sacrificatasi volontariamente; Gesù è il Signore della vita, colui che si è svuotato assumendo la condizione di servo, facendosi obbediente fino alla morte, Dio lo ha esaltato donandogli il nome che è al di sopra di ogni altro nome (cfr. Fil 2,7-11) e in virtù di questo ha potuto irrompere nella morte e vincerla una volta per tutte con la sua Pasqua di liberazione.
La nuova alleanza attraverso la croce è sancita; è l’alleanza della vita e non c’è più bisogno di alcun velo tra Dio e l’uomo; questo è stato squarciato da Dio stesso da cima a fondo, dall’alto dei cieli fino alle nostre profondità perché in Cristo c’è la perfetta mediazione e il perfetto compimento della rivelazione del mistero della sua volontà di salvezza (cfr. DV 4).
Come tutto questo interpella la nostra vita credente? A questo disegno di amore totale di Dio verso l’uomo in Cristo, noi possiamo rispondere con il nostro amore verso Dio, rompendo come lui la scia di male, attraverso il nostro sacrificio quotidiano di una vita offerta per amore. Questa liturgia ci invita a vivere e stare dentro il paradosso della fede, cioè dalla morte, attraverso la grazia di Dio, far fiorire il bene.
Testi della Liturgia della Parola
Is 50, 4-7
Sal.21
Fil 2, 6-11
Mt 26, 14 – 27, 66
Questo Vangelo ci introduce pienamente nella Settimana Santa. Tutto quello che accade da oggi fino al giorno di Pentecoste sarà intriso dagli eventi di passione, morte e risurrezione di Gesù. Forse questo è il periodo dell’anno liturgico in cui la chiesa ci fa meglio assaporare le differenze fra tempo storico e tempo della grazia.
Questa pericope così lunga ci invita a vivere in un clima di “consegna”, mettendoci di fronte due modi di donare o donarsi. Tutto ha inizio con la più infamante delle consegne e tutto finisce con una la consegna più preziosa.
Una è quella di Giuda, il quale consegna il suo maestro, amico, compagno di vita, non semplicemente dicendo alle autorità dove trovarlo, ma addirittura vendendolo. Non è Giuda a scegliere il prezzo, sono direttamente i capi dei sacerdoti a imporre trenta monete d’argento. Questo era il prezzo da pagare al padrone per la perdita di uno schiavo, nel caso in cui, questo fosse rimasto ucciso (Es 21,32). Cosa significa? Gesù è lo schiavo, che non è ancora morto ma verrà fatto uccidere, c’è quindi la premeditazione; le autorità religiose sono gli assassini; Giuda si fa padrone della vita di Gesù poiché pretende il riscatto. Da una consegna malvagia si scatena una cascata di consegne malvagie e il tutto non può che finire nella tragedia: Giuda si impiccherà per il rimorso di quello che ha fatto e Gesù morirà crocifisso.
Laddove si lascia al male la libertà di agire però non tutto è perduto. C’è la possibilità di una consegna che scardina la logica della violenza, spezza la dinamica dell’odio. È il sacrificio accettato dal Figlio attraverso il quale consegna il suo Spirito all’umanità. Nella storia della salvezza allora Dio non ha mai abbandonato il suo popolo. Anche nel momento di massima distanza tra il Padre e il Figlio, quando Gesù intona il Salmo 22,2; c’è la presenza dello Spirito, che segna l’apice della massima vicinanza della Trinità all’umanità, infatti in essa entra per non uscirvi più una realtà fino ad allora sconosciuta a Dio, la morte. Ed è proprio nel dramma di una morte ingiusta che Dio continua a sigillare la sua alleanza con il suo popolo perché il sacrificio del Figlio diventa il vero prezzo del riscatto. Riscatto da cosa? Dalla condizione di peccato, di male, di morte che abitava intrinsecamente l’uomo e che puntualmente lo allontanava dalla relazione pura e senza ostacoli con il Padre. Si ribaltano le condizioni di quel pagamento sanguinario. Ora Gesù è il prezzo pagato per la salvezza di tutti gli uomini, anzi per la salvezza cosmica del passato, del presente fino al compimento dei giorni di questo mondo; Gesù è la vittima non uccisa ma sacrificatasi volontariamente; Gesù è il Signore della vita, colui che si è svuotato assumendo la condizione di servo, facendosi obbediente fino alla morte, Dio lo ha esaltato donandogli il nome che è al di sopra di ogni altro nome (cfr. Fil 2,7-11) e in virtù di questo ha potuto irrompere nella morte e vincerla una volta per tutte con la sua Pasqua di liberazione.
La nuova alleanza attraverso la croce è sancita; è l’alleanza della vita e non c’è più bisogno di alcun velo tra Dio e l’uomo; questo è stato squarciato da Dio stesso da cima a fondo, dall’alto dei cieli fino alle nostre profondità perché in Cristo c’è la perfetta mediazione e il perfetto compimento della rivelazione del mistero della sua volontà di salvezza (cfr. DV 4).
Come tutto questo interpella la nostra vita credente? A questo disegno di amore totale di Dio verso l’uomo in Cristo, noi possiamo rispondere con il nostro amore verso Dio, rompendo come lui la scia di male, attraverso il nostro sacrificio quotidiano di una vita offerta per amore. Questa liturgia ci invita a vivere e stare dentro il paradosso della fede, cioè dalla morte, attraverso la grazia di Dio, far fiorire il bene.
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