Ma di fronte a questo amore l’uomo si sorprende e non riesce a comprendere la portata del gesto che intravediamo nelle parole di Pietro: “Signore, tu lavi i piedi a me?”, come a farci capire: “possibile che il Figlio di Dio si fa servo?”. Pietro allora, deve accettare di accompagnare Gesù sulla via della Passione e le sue parole gli aprono la faticosa strada di riconoscere quello che vive, ciò che lo muove, che sta effettivamente al timone della sua vita. Nelle parole di Pietro, possiamo rispecchiarci tutti questa sera. Non vogliamo accettare di vedere Gesù che vive la sua kenosi, il suo abbassamento, il suo svuotamento, non vogliamo accettare il suo amore illogico e di vederlo morire come il peggiore dei malfattori. Guardiamo a lui come Maestro e Signore che lava i piedi ai suoi, e ci mostra che l’amore è cingersi il grembiule e sapersi inginocchiare, insegnandoci che amare è servire.
Francesco Paolo Pellizzieri, IV anno
Arcidiocesi di Trani-Barletta-Bisceglie
pellifrancescopaolo@gmail.com
Es 12,1-8.11-14
Sal 115
1Cor 11,23-26
Gv 13, 1- 15
Con la messa vespertina “In Coena Domini” concludiamo il cammino quaresimale, entrando nel solenne “Triduo Pasquale”. La pagina evangelica di questa liturgia in cui facciamo memoria dell’Ultima Cena, è tratta dal Vangelo di Giovanni (Gv 13,1-15) in cui Gesù sapendo che era venuta la sua ora compie un gesto d’amore: lava i piedi dei suoi discepoli.
Il figlio di Dio, l’uomo dei miracoli, l’uomo che insegnava nel Tempio, il Rabbì compie un gesto che solo i servi osavano fare. Sì, perché Gesù li amò sino alla fine. Ed è proprio l’amore che lo fa alzare da tavola, che lo spinge a diventare servo. Gesù svolge il ruolo di servitore in modo che anche i suoi discepoli scelgano il servizio come stile di vita; l’amore richiede servizio, cura, responsabilità di scegliere l’ultimo posto, di farsi piccoli per entrare nel Regno dei Cieli. Allora ci domandiamo: ma qual è il senso della vita di Cristo Gesù? Farsi servo di tutti e dare la sua vita in riscatto per tutti, cioè prendere l’ultimo posto e iniziare a servire consumando la sua vita per la salvezza del mondo. Gesù vuole insegnare ai suoi discepoli che se loro non si amano così come il Maestro ha amato loro, non vi sarà alcuna credibilità quando essi predicheranno il Vangelo. La lavanda dei piedi non avviene pubblicamente ma nel segreto del Cenacolo, essa non è un gesto per il mondo ma per i discepoli. È il discepolo che deve sapere che Gesù lo ama in un modo così grande da lavargli i piedi, di attraversare per lui l’ora del Getsemani, da finire inchiodato sul legno della croce, ma tutto questo per uno scopo: per amore.
Ma di fronte a questo amore l’uomo si sorprende e non riesce a comprendere la portata del gesto che intravediamo nelle parole di Pietro: “Signore, tu lavi i piedi a me?”, come a farci capire: “possibile che il Figlio di Dio si fa servo?”. Pietro allora, deve accettare di accompagnare Gesù sulla via della Passione e le sue parole gli aprono la faticosa strada di riconoscere quello che vive, ciò che lo muove, che sta effettivamente al timone della sua vita. Nelle parole di Pietro, possiamo rispecchiarci tutti questa sera. Non vogliamo accettare di vedere Gesù che vive la sua kenosi, il suo abbassamento, il suo svuotamento, non vogliamo accettare il suo amore illogico e di vederlo morire come il peggiore dei malfattori. Guardiamo a lui come Maestro e Signore che lava i piedi ai suoi, e ci mostra che l’amore è cingersi il grembiule e sapersi inginocchiare, insegnandoci che amare è servire.
Francesco Paolo Pellizzieri, IV anno
Arcidiocesi di Trani-Barletta-Bisceglie
pellifrancescopaolo@gmail.com
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