Nei giorni dall’8 al 10 di Ottobre, la nostra comunità - per approfondire la traccia formativa annuale sulla tecnologia e il mondo digitale- ha vissuto dei laboratori con alcuni rappresentanti del Centro di Ricerca sull'Educazione ai Media all'Innovazione e alla Tecnologia (CREMIT) associato all’Università Cattolica di Milano.
Nel pomeriggio dell’8 Ottobre, ci siamo ritrovati insieme per dare lo start a questi laboratori con un piccolo incontro online tenuto dal professor Rivoltella. Egli, illustrandoci in linea generale il quadro del fenomeno media, ne ha individuato quattro caratteristiche: la portabilità, la socialità, la conversazionalità e l’autorialità. Ci ha ricordato, inoltre, che, siccome pubblicare implica di assumersi le conseguenze sullo spazio digitale, un’altra caratteristica dei media molto importante e da non sottovalutare è la responsabilità. Partendo da questa premessa, il professor Rivoltella si è soffermato sulla pastorale e sulla sua evoluzione: passare dalla Pastorale 1.0 che si serve dei mezzi classici e primitivi, alla Pastorale 2.0 che verte sull’utilizzo degli smartphone e infine alla Pastorale 3.0 che propone un ripensamento dell’azione pastorale servendosi dei media digitali e sperimentandoli in maniera sempre più profonda.
A questo tal punto, è possibile aprire quattro possibili piste di lavoro: i legami, il carattere de-mediato della comunicazione oggi, la comunità e l’orizzontalità. Infatti, al termine di quest’incontro ci siamo divisi in gruppi trasversali e abbiamo seguito con i rappresentanti del Cremit quattro laboratori diversi. Il primo laboratorio, tenuto da Marco era più specifico, incentrato cioè sulla conoscenza degli strumenti tecnici e sulla responsabilità dei contenuti. Ci faceva giustamente notare che in una realtà varia e complessa come la nostra non è solo il social che provoca cambiamenti ma anche il nostro modo di stare sui social.
A partire da questo, ecco l’importanza dell’educazione ai social che Eleonora nel secondo laboratorio ci ha fatto notare molto bene. Ci sono, infatti, quattro dimensioni nel momento in cui utilizziamo i social: informativa, relazionale, esplorativa e partecipativa e ognuna di esse parla appunto del nostro rapporto con la tecnologia. Stare nel digitale soprattutto per noi, giovani credenti del ventunesimo secolo, significa riscoprire questo “luogo” come mezzo per attuare quella che prima chiamavamo Pastorale 3.0. Importante è ciò a cui Elisa, parlando di questo, faceva riferimento, le tecnologie di comunità che sfruttando il digitale cercano di tornare alla presenza. Durante questo laboratorio, dividendoci in piccoli sottogruppi abbiamo sperimentato concretamente come la tecnologia aiuti tanto a coinvolgere in un incontro (facebook, instagram, twitter...). Preparare una locandina ha bisogno di tempo, studio e attenzione per “fare colpo” agli occhi di chi guarda.
Infine, il rischio di non essere compresi sui social è frequente e di questo Marco, nel suo laboratorio con una piccola attività, ce ne ha parlato molto bene. Ciò in particolare è possibile sintetizzarlo con le parole che il professor Rivoltella ha rivolto durante l’incontro finale di domenica 10 Ottobre. Ci diceva, infatti, che non esistono media buoni e meno buoni perché il virtuale comunque esiste. Ma lavorare sui rischi e sugli svantaggi, oggi, significa guardare in maniera nuova alla realtà digitale, siccome non possiamo negare che gli smartphone hanno la stessa funzione che per i Greci aveva l’anima. Stare nel digitale con adultità, in un sano equilibrio tra intimità ed estimità può essere una sintesi del lavoro di questi tre giorni. Inconsapevolmente, i media sono diventati parte di noi ma la domanda affidata a ciascuno resta sempre quella che ha aperto il tema della traccia formativa: cosa scegli tu, oggi, di fare della tecnologia digitale?
Francesco Suriano
Diocesi di Andria
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