Le parole che Papa Francesco ha pronunciato durante l’angelus di domenica 6 marzo, sono un forte richiamo, un forte grido, che interpella tutti gli uomini di buona volontà a impegnarsi per la pace. In questi giorni ci arrivano dall’Ucraina immagini che possiamo definire terribili e disumane, come ad esempio quelle dell’intera famiglia uccisa mentre cercava di scappare da Irpin, o il piccolo Kirill, ucciso a causa delle bombe a Mariupol, dove a causa dell’assenza di energia elettrica l’ospedale non ha potuto fornire le necessarie cure mediche per salvargli la vita. Questi episodi così come moltissimi altri accaduti questi giorni, manifestano la crudeltà e l’inutilità della guerra che rende gli uomini disumani. A farne le spese come sempre sono i più fragili, i poveri, la gente comune che da un lato non comprende tanta cattiveria e dall’altro subisce l’egoismo e la smania di potere di chi vuole imporsi con tutte le forze, non certo per aiutare un popolo, ma per sopprimerlo e per distruggerlo.
Inizialmente da parte russa si è parlato di un’“operazione militare”, giustificata dalla volontà di “denazificare” e liberare un popolo: questa falsità è stata sin da subito smascherata, in tutta la sua crudeltà. Vediamo, in questa “operazione militare”, civili colpiti e uccisi, palazzi e ospedali sventrati, e ciò mostra il vero volto di questa “liberazione”, che non solo lascia attoniti ma che ci fa sentire come impotenti e inermi. Questa tentazione è superata dall’atteggiamento del popolo ucraino che sta rispondendo a questa aggressione ingiustificata mettendo a rischio la propria vita per difendere la propria libertà e autonomia, la propria storia.
Naturalmente non si può ritenere responsabile di ciò l’intero popolo russo: le manifestazioni di questi giorni e la repressione che ne sta purtroppo conseguendo ci dicono come la popolazione non comprenda e non accetti questa guerra. Un vero leader politico dovrebbe cercare di mettersi in sintonia col proprio popolo, dovrebbe comprendere che il “vero potere è il servizio”, non sopraffazione o limitazione di stampa e di espressione...
Questo scenario di guerra porta ad avere paura e a perdere la speranza ma bisogna compiere ogni sforzo, così come ha ricordato il Papa, affinché prevalga il dialogo e i negoziati possano portare a dei frutti: per fare ciò naturalmente serve pazienza e cercare di non rispondere alle provocazioni e alle intimidazioni che continuamente arrivano. Bisogna cercare di far sì che ci siano dei veri “corridoi umani” per poter salvare vite, per poter donare speranza a chi fugge per un futuro migliore.
La Chiesa è scesa in campo per portare il proprio aiuto e sostegno alla popolazione Ucraina: il Papa ha inviato i cardinali Krajewski e Czerny al confine con l’Ucraina. Questa loro missione rappresenta anche la disponibilità della Chiesa a porsi come ponte tra Russia e Ucraina per poter arrivare alla pace, e in tal senso è di notevole rilevanza il dialogo che il Cardinale Parolin ha avuto con il ministro degli esteri delle Federazione Russa. In questo colloquio il Cardinale ha ribadito ciò che il Papa spera e ha dato la disponibilità della Santa Sede di porsi come mediatrice in questo conflitto.
Anche tra tanto buio, vi è sempre però una luce di speranza. Se da un lato la guerra sta mostrando la crudeltà di determinate azioni umane, dall’altro sta mostrando il volto di una umanità che si fa prossima a chi soffre: tante sono le azioni di concreto supporto, dall’accoglienza degli ucraini, all’invio di aiuti in termini di cibo e medicinali, ma ancor di più pensiamo ad alcuni atteggiamenti attuati dagli ucraini nei confronti dei militari russi, come ad esempio l’accoglienza riservata a quel giovane soldato russo a cui è stato offerto del cibo e una bevanda calda per riscaldarsi e soprattutto anche la possibilità di poter vedere la madre in videochiamata. Questo come altri episodi ci portano ad avere speranza nell’umanità, ci portano a porre ancora la nostra fiducia nel Signore, “Principe della Pace”.
La strada è lunga, le posizioni sono ancora lontane e in alcuni casi ambigue, ma bisogna continuare a fare di tutto perché il dialogo prevalga e si possa mettere fine a questa atrocità. Padre Pavlo Vyshkovkyi, parroco a Kiev, ha ricordato come “Il Signore lavora anche nei momenti difficili”. E di questi momenti ce ne sono molti, si vive la paura della guerra, si vivono le drammatiche conseguenze. “Ci sono 900 bambini – spiega – che sono invalidi per colpa del conflitto”. La speranza è nella preghiera perché, conclude il sacerdote, “questo incubo possa finire”. Ed è in questo che ciascun uomo di buona volontà spera. “Nulla è perduto con la pace, tutto può esserlo con la guerra”.