Il brano del Vangelo di Luca (13,1-9) che la liturgia ci propone in questa III domenica di quaresima ci offre la possibilità di contemplare l’atteggiamento paziente di Dio nei confronti del fico che ancora non porta frutto.
La parabola proposta da Gesù interpella il nostro stile di vita cristiana: il tale, presentato nel Vangelo, pianta e pretende il frutto. Dinanzi alla delusione, esemplare è lo stile del vignaiolo che dà un’altra possibilità e, pazientemente, cura nella libertà.
“Perché deve sfruttare il terreno?” Paradossalmente, aspettare che il fico porti frutto, non fa parte delle logiche del profitto, che spesso toccano anche la nostra quotidianità. Sfruttare il terreno rappresenterebbe perdita e inutilità, che ben si contrappongono al tutto e subito cui siamo abituati.
Dunque, in questa parabola scorgiamo tre atteggiamenti di Dio che possono diventare anche il nostro stile di verifica e di sequela in un cammino di conversione: la pazienza, la cura e la libertà.
La pazienza, di chi aspetta, di chi perde tempo, di chi lascia ancora per un altro anno per donare la possibilità sempre nuova di portare frutto, ma anche di accogliere che tutto secchi.
La cura, di chi non guarda solo al risultato finale, al prodotto finito, ma custodisce, guardando la sua storia per intero, zappando il terrendo inaridito dal peccato, che ostacola la crescita delle radici e il loro nutrimento, concimando con bontà e amore senza badare a spese, donando senza misura.
La libertà di chi spera che la possibilità data non venga sprecata e, allo stesso tempo, non opprime ma continua a curare con pazienza perché «ti ama davvero chi ti obbliga a diventare il meglio di ciò che puoi diventare». (R.M. Rilke)