Ogni anno, l’ultimo venerdì del mese di maggio, in qualunque chiesa della Puglia …e non solo, i sacerdoti scorrono tra le proprie librerie e cercano un piccolo libretto per la liturgia e celebrano la messa della “Solennità di Maria Regina Apuliae”, e in quella celebrazione eucaristica le parole, i gesti, gli occhi lucidi sono ricolmi di gratitudine.
Nella vita di ogni persona visitare i luoghi del passato è importante, perché permette di scoprire quali sono i cambiamenti e le cose belle che si sono aggiunte nel proprio cammino e come i sogni che in quegli spazi prendevano forma poi si sono realizzati.
Dieci anni fa, il giorno della Solennità della Regina Apuliae, il 24 maggio 2013, quando io e i miei amici vivevamo il sesto anno di formazione nel Seminario Regionale Pugliese “Pio XI”, venivo scelto per il discorso di ringraziamento alla comunità del seminario durante la celebrazione eucaristica nella Cappella Maggiore e, allora come oggi, ringraziavo il Signore per il dono di quel tempo e quel luogo, che con tutti i pregi e i difetti, ha permesso a me e ai miei amici di dare significato alle domande interiori che ci portavamo dentro. Molte risposte le abbiamo trovate stando fuori da quel luogo, ma la capacità di farci domande l’abbiamo imparata lì, dove la preghiera, la comunità, il cammino interiore ci hanno forgiati e permesso di scoprire la bellezza del progetto di Dio su di noi.
Credo che il luogo più frequentato da ognuno di noi fosse proprio la Cappella della “Regina Apuliae”, dov’è conservata l’icona medievale ad affresco da cui la Cappella prende il nome; lì ogni nostra domanda si è trasformata in preghiera, ogni nostra paura è diventata una supplica, ogni nostra fragilità ha trovato uno sguardo materno e benigno.
Nel giorno della Solennità della “Regina Apuliae” il brano evangelico proposto è quello delle “Nozze di Cana” (Gv 2, 1-11), e ho sempre pensato che il gruppo degli apostoli, invitati a quel matrimonio, ogni volta che rimembravano quell’evento dove Gesù, tramite l’invito di Maria, trasformava l’acqua in vino, ritrovavano la forza per compiere la loro missione; lo stesso avviene a me e a tutti coloro che hanno vissuto gli anni di formazione nel Seminario Regionale di Molfetta: guardare a ciò che eravamo e di come Dio ha agito nella nostra vita trasformandola, rendendoci suoi umili strumenti della sua grazia.
Dopo dieci anni, tornare davanti allo sguardo benevolo di Maria “Regina Apuliae”, significa per noi rinnovare la gratitudine per gli anni vissuti durante la formazione e risentire le parole pronunciate da lei a suo figlio «Non hanno più vino» e poi a noi «Fate quello che vi dirà».
Auguro a tutti i seminaristi che sono al termine del loro cammino di formazione e a coloro che lo stanno vivendo di sentire il Seminario Regionale come il luogo e il tempo donato da Dio per poter comprendere quanto tutti da “acqua” possano essere trasformati da Gesù in “vino” necessario per portare gioia a coloro che incontriamo.
Regina Apuliae,
Ave Maria.
don Francesco Rizzi,
Arcidiocesi di Trani- Barletta - Bisceglie