«Per loro non c'era posto nell'alloggio.» Lc 2,7
Non c’è posto per Maria, donna in attesa e Madre del Verbo. Non c’è posto per Giuseppe, uomo ubbidiente e padre accogliente. Non c’è posto per Gesù, il Figlio di Dio. «Lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia» (Lc 2,7). Il Salvatore, il Cristo Signore sceglie di nascere in mezzo a noi. Non aspetta che le porte si spalanchino o che gli spazi siano preparati, al contrario, si fa spazio nella nostra umanità, nella semplicità di una mangiatoia. La mangiatoia diventa così luogo tangibile di un amore che si abbassa, che si adatta alle nostre fragilità, che si fa carne per condividere la nostra condizione umana. È il palcoscenico di un evento straordinario che rivela la grandezza di Dio nella sua umiltà, nel suo amore senza riserve. È notte a Betlemme. È la notte dell’attesa. C’è silenzio. La folla tumultuante del censimento è svanita. Pastori, uomini attenti, vigilanti, che teneramente si prendono cura del proprio gregge, diventeranno testimoni di un mistero d’amore che cambierà la storia. In questa atmosfera di silenzio, «un angelo del Signore si presentò a loro» (Lc 2,9). Un angelo portatore di un messaggio intriso di speranza. Non è un caso che Dio scelga di manifestarsi proprio a loro, uomini semplici. Un annuncio di gioia per tutti. Questa è la notte dove siamo invitati a guardare oltre le sfide e le difficoltà del tempo, a sollevare lo sguardo e ad aprirci all’amore di Dio che si fa carne in quel «bambino avvolto in fasce» (Lc 2,12). Questa è la notte dove, cielo e terra s’incontrano, luce e tenebre si svelano, divinità e umanità si plasmano. Questa è la notte dove ciascuno di noi è chiamato a diventare missionario di un annuncio: «è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore» (Lc 2,11). Questa è la mia notte, la tua notte. Questa è la notte di Gaza, di Israele. Questa è la notte di tutti, dove le grida di dolore e sofferenza si ergono al cielo, ma da Betlemme, il pianto di un bambino giunge fino ad ogni angolo della Terra. Le genti di ogni luogo, avvertono la chiamata di qualcosa di grande, di una promessa che si avvera. Quel pianto, un canto di speranza, un inno alla nuova vita che è appena sbocciata. Questa è la notte di Natale.
Sarà veramente Natale se ognuno di noi abbraccia con gioia il dono dell'amore, se impariamo l'arte del donare, se tendiamo le mani a chi soffre. Come a Betlemme anche questa notte Dio viene ad abitare in noi. Facciamo diventare i nostri cuori mangiatoie, i nostri occhi testimoni di amore e la nostra voce grido di speranza e di lode «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama» (Lc 2,14). Dalla notte all'aurora, dalla mangiatoia alla luce, abbracciamo la bellezza trasformante che il Natale porta nelle nostre vite.
Antonio Acclavio, V anno