Dal 18 al 25 gennaio le chiese cristiane celebrano l’Ottavario di preghiera per l’unità dei cristiani. Per il 2025, il tema è tratto dal Vangelo di Giovanni: “Credi tu questo?” (Gv 11,26). Questa domanda di Gesù è il fondamento della fede cristiana e attraversa il corso della storia, interpellandoci profondamente sia sul piano personale sia su quello ecclesiale.
Anche la nostra comunità ha voluto riunirsi in preghiera per chiedere al Signore il dono dell’unità. A presiedere la veglia di preghiera, lo scorso 19 gennaio, è stato padre Santo Pagnotta, dell’ordine dei Frati Predicatori.
La commemorazione dei 1700 anni dal Concilio di Nicea offre un’opportunità unica per riflettere e celebrare la comune fede cristiana, espressa nel Credo formulato durante quel Concilio: una fede che ancora oggi è viva e feconda. Padre Santo, nel suo pensiero omiletico, ha ricordato innanzitutto la questione centrale dibattuta durante il Concilio, in particolare quella dottrinale: professare Gesù Cristo come Figlio di Dio e “consustanziale al Padre”.
“Noi crediamo!” È importante sottolineare che la fede non è semplicemente un’esperienza individuale, ma una realtà vissuta nella pluralità. È proprio questa pluralità che fa la differenza nelle nostre comunità: come singoli crediamo; come comunità credente, professiamo la fede.
“Credi tu questo?” Gesù, lungo il suo cammino, incontra tante persone e, nel brano guida della settimana (Gv 11,17-27), si rivela a Marta, mostrando la sua profonda identità. La donna e amica di Gesù, a sua volta, esprime il suo dolore e la sua fede: "Io so che mio fratello risorgerà, ma se tu fossi stato qui, non sarebbe morto". È una tensione tra futuro e presente, tra speranza e realtà. Marta vive l’esperienza del dolore, ma lo fa nella speranza e nella fede in Gesù Cristo. Gesù le risponde non limitandosi a consolarla, ma rivelandole che Lui è la resurrezione e la vita.
Gesù consola, ma invita anche a consolare. Un messaggio speciale rivolto ai giovani della comunità del seminario: portare parole vere di consolazione a quanti incroceranno il nostro cammino. “Credi tu questo?” Non “Crederai tu questo?”, ma “Credi tu ora questo?”: un invito a credere nella vita nuova che Gesù offre a ciascuno di noi, oggi. Marta risponde con una professione di fede: “Sì, Signore, io credo!”. Questo riconoscimento del ruolo messianico di Gesù diventa un’esperienza personale: Marta accoglie Gesù nella sua intimità.
La fede è un rapporto vivo e trasparente, vissuto nel Signore, un’esperienza bella e dinamica. Gesù ci chiede: “Credi che io possa salvarti? Credi che io possa darti la vita? Credi che io sono la resurrezione e la vita?”
Padre Santo, facendo riferimento alle varie confessioni cristiane, ha affermato che non dobbiamo rinunciare alla nostra identità, ma che è opportuno arricchirsi l’un l’altro.
Gesù prega per l’unità: anche noi credenti siamo chiamati a pregare per l’unità dei cristiani. Spesso parliamo di unità, ma allo stesso tempo parlare di unità significa far emergere le fratture dovute a secoli di storia. Gesù stesso, da buon profeta, sapeva che i primi a dividersi sarebbero stati i suoi discepoli. Nel capitolo 17 del Vangelo di Giovanni, prima di morire, Gesù prega per l’unità dei suoi discepoli: “Che siano una cosa sola, affinché il mondo creda”. Gesù, pregando, ci ordina di pregare.
Questo è anche un invito all’unità nei nostri rapporti, con chi ci è accanto. Non dobbiamo pensare a cosa gli altri debbano cambiare per essere uniti; piuttosto, dobbiamo riflettere su cosa possiamo ricevere dagli altri per nutrire la nostra fede e la nostra vita. Scoprire nel fratello che ci sta accanto un’opportunità per crescere nella fede e nell’amore.
Siamo pellegrini e pellegriniamo insieme, come affermato da papa Francesco al numero 244 dell’esortazione apostolica Evangelii Gaudium, Francesco continua affermando che bisogna affidare il cuore al compagno di strada senza sospetti, senza diffidenze, e guardare anzitutto a quello che cerchiamo: la pace nel volto dell’unico Dio. Affidarsi all’altro è qualcosa di artigianale, la pace è artigianale. Gesù ci ha detto: «Beati gli operatori di pace» (Mt 5,9). In questo impegno, anche tra di noi, si compie l’antica profezia: «Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri» (Is 2,4).
“Non preghiamo per convertire nessuno, né per difendere baluardi inespugnabili, ma perché possiamo sempre più arrivare alla conoscenza piena di quella fede che è patrimonio comune e che ci rende fratelli.” (EG, 244)
La veglia è stata voluta e animata dal gruppo di interesse ecumenico e per il dialogo interreligioso, il quale si impegna a mantenere vivo l’interesse per la questione ecumenica durante tutto l’anno formativo.
Cosimo Damiano Porcella, II anno