Il Vangelo odierno è solcato da una certa mestizia: Giuda ha già nel cuore il proposito del tradimento, Pietro ancora si ostina a non volersi mettere semplicemente alla sequela del Maestro, nessuno coglie pienamente il gesto sconvolgente del dono totale che Gesù fa di sé. Nel Pane e Vino Eucaristico e nel gesto della lavanda dei piedi Gesù presenta attraverso questi simboli la Passione stessa.

Gesù, vivendo questo passaggio in maniera attiva e filiale, è la luce splendente di queste ore. La sua scelta è frutto di un amore cosciente che accetta tutto da chi ama, andando anche oltre il male. In questa accettazione si comprende il servizio col quale Cristo chiude e sigilla la propria vita, prima dell'offerta della croce: un servizio che non è un semplice abbassamento fisico ai piedi dei Dodici, ma tentativo estremo di risvegliare le nostre coscienze, offuscate da peccati, vizi, divisioni.

Dopo la penitenza, il digiuno e la preghiera che hanno segnato il cammino quaresimale, è tempo di fare il nostro esodo e la nostra Pasqua, passando dalla morte del peccato alla vita della figliolanza divina in Cristo. È tempo di pentimento, di fronte a Gesù servo, eterno sacerdote. È tempo di vivere una conversione faticosa che chiede molti passi, ma vissuti nella certezza che Cristo, dopo tanto cammino, laverà i piedi a chiunque vada a lui con pentimento e fiducia e ristorerà i credenti con se stesso, Pane del Cielo. Contempliamolo così, nel silenzio dell'Eucaristia, per combattere il nostro chiacchiericcio, e nell'umiltà del servizio per sradicare ogni orgoglio. Guardiamolo infine semplicemente come amore. Cristo, infatti, «avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine», senza risparmiarsi e senza escludere nessuno. Seguire Gesù vuol dire vivere il comandamento dell'amore vicendevole sul suo stesso esempio, come testimonianza autentica dell'appartenenza non formale ma vitale a lui. Così sarà davvero Pasqua, per noi e per il mondo intero.

Giacomo Signorino, IV anno