Il Vangelo di questa domenica, II di Pasqua, ci pone in continuità con il Vangelo di domenica scorsa. La liturgia ci fa vivere, per otto giorni, la Pasqua del Signore attraverso i testi, l'eucologia e i canti, richiamando così l'universalità della salvezza.
Tommaso non era presente nel cenacolo durante la prima apparizione del Risorto agli apostoli, per questo motivo fatica nel credere alla testimonianza altrui.
La sua incredulità diventa per noi una preziosa testimonianza del cammino che l'uomo compie dal vedere al credere. Siamo tutti un po’ come Didimo, “gemelli” nelle incredulità della vita.
Il Risorto si presenta a noi quotidianamente in ogni Eucaristia e nella comunità, invitandoci a credere in Lui mediante la fede espressa nello spezzare il pane e nel versare il vino.
Anche oggi molti fanno fatica a credere senza vedere, immersi in una società che richiede prove tangibili per ogni cosa. Il Vangelo ci insegna che la fede non è solo questione di evidenze sensibili, ma un incontro personale con il Risorto, che si manifesta nella vita di ciascuno attraverso la comunità, la Parola e i Sacramenti.
In questo quadro si inserisce l’annuncio di pace che Gesù rivolge ai discepoli: «Pace a voi». È un invito che apre a una missione propria di tutti i cristiani: essere apostoli, seguaci di un Maestro che non ci lascia soli, ma che ci dona un Paraclito per continuare la missione di evangelizzare sino ai confini della terra e perdonare i peccati.
In un mondo che spesso ci spinge alla diffidenza e allo scetticismo, chiediamoci: come possiamo testimoniare la nostra fede a chi cerca risposte? Come possiamo essere segno del Risorto nelle nostre comunità? La sfida del cristiano è annunciare con gioia che Cristo è vivo e presente in mezzo a noi per esclamare con la fede sincera di Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!».
Francesco Albino, III anno