L’Avvento con i suoi colori e le sue luci apre l’anno liturgico, per guidarci lungo un cammino di quattro settimane fino alla celebrazione del Natale del Signore. Si tratta di un tempo di conversione e di speranza, in cui tutta la Chiesa è chiamata a porsi in un atteggiamento di veglia e di attesa per andare incontro al Signore che viene, un «Dio con noi, non lontano, sempre con noi, al punto che tante volte bussa alle porte del nostro cuore», come ha spiegato il 29 novembre papa Francesco nel suo primo Angelus d’Avvento. Se guardiamo il Prefazio di Avvento della III edizione del Messale Romano, comprendiamo meglio la teologia di questi giorni. Infatti si legge che il Signore «al suo primo avvento nell’umiltà della condizione umana portò a compimento la promessa antica e ci aprì la via dell’eterna salvezza». Poi si aggiunge: «Quando verrà di nuovo nello splendore della gloria, ci chiamerà a possedere il regno promesso che ora osiamo sperare vigilanti nell’attesa». Sono due aspetti che emergono dalle letture in modo diverso: fino alla terza domenica, siamo invitati dalla liturgia a risvegliare l’attesa del ritorno glorioso di Cristo, poi, avvicinandosi il Natale, siamo aiutati a contemplare il mistero dell’Incarnazione e la chiamata ad accogliere il Verbo fatto uomo per la salvezza di tutti. In questo percorso tuttavia non siamo soli, ma ci accompagnano le profezie sul Messia e sul tempo messianico di Isaia, la testimonianza di Giovanni Battista e soprattutto la figura di Maria, donna dell’attesa e madre di Dio. Non a caso l’8 dicembre troviamo la solennità dell’Immacolata Concezione, tappa del cammino di Avvento che celebra la Vergine come modello di umanità, che con la sua disponibilità si è aperta alla grazia rendendo possibile l’incarnazione del Figlio di Dio. Questa ricchezza della Scrittura si accompagna a gesti e segni liturgici che non richiamano solo i sensi, ma che possiedono un loro significato profondo, come il rito del lucernario e la corona d’Avvento, presenti nelle chiese, ed altri più devozionali come il presepe, nelle case. Proprio l’ambiente domestico quest’anno, costretti a non uscire per l’emergenza sanitaria, potrebbe riscoprirsi spazio di intimità in cui vivere un’attesa creativa, nuova, non passiva, perché diventi incontro, accoglienza, apertura a qualcuno che viene. Così l’invito a vegliare potrebbe declinarsi nella cura di chi ci è accanto, coinvolgendo le relazioni familiari o dei miei coinquilini, pregando insieme o provando a raccontarsi un po’, facendo il presepe o magari l’albero, giocando o cantando una canzone. Momenti di comunione che, senza nemmeno ce ne accorgiamo, potrebbero aprire all’inedito, ad una luce che riaccende la speranza e la gioia, dischiudendo nuovi sentieri di fraternità là dove sembrava smarrimento, paura e sfiducia. E allora sarà Natale anche per noi!
Marino Colamonico
Diocesi di Altamura – Gravina – Acquaviva delle Fonti
IV anno
marinocolamonico@hotmail.it