Dopo averci invitato a vegliare per accogliere il ritorno del Signore, oggi, la liturgia, ci fa meditare le primissime righe del Vangelo di Marco. In esse incontriamo Giovanni Battista che esorta i credenti a convertire il proprio cuore, a cambiare la propria mentalità e vita per accostarsi degnamente a Dio che viene e farà tutte cose nuove.
Il Battista, riprendendo le parole del profeta Isaia, descrive il modo con il quale possiamo avvicinarci a Dio: «Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri». Per accogliere il Signore è necessario spianargli la strada del nostro cuore e sgombrare i sentieri dai massi pesanti della nostra quotidianità.
Il Battista, annota Marco, «battezzava nel deserto, (…). Era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico». Egli non solo ci insegna l’essenzialità e la semplicità, ma ci fa capire che tutto in lui è essenziale: Giovanni è la voce che grida e chiede conversione, è la mano che indica il Messia, l’occhio che scruta e discerne il peccato, il corpo segnato e mortificato dal deserto e, infine, è l’esistenza che si fa strada per il Signore. Questo suo atteggiamento gli consente di diminuire per fare spazio a Colui che viene dopo di lui. Con la sua umiltà e il suo considerarsi neppure degno di slegare i legacci dei sandali del Messia, il Battista getta le basi l’annuncio del Vangelo. Attraverso il suo grido giunge, a tutti gli abitanti di Gerusalemme e della Giudea, l' annuncio di salvezza dalla morte e di liberazione dalla schiavitù del peccato.
Il precursore, infine, non solo predica agli altri ma è soprattutto un uomo intimamente connesso con la propria interiorità: egli vive in primo luogo quello che predica, compie scelte radicali grida anche quando sembra che nessuno lo ascolti. Contempliamo lo stile di vita del cugino del maestro, per imparare a stare umilmente davanti al Figlio di Dio, il bambino di Betlemme e di lasciarci consolare da lui. L’Avvento diventa per noi, tempo di impegno e di attesa di un Altro più forte di noi che compirà tutto nella nostra vita e che possiamo accogliere pienamente nella nostra vita solo dopo aver preparato bene la strada del nostro cuore. Solo cosi potremo essere, anche noi, strumenti di consolazione, facendo come ci chiede il Signore, tramite il profeta Isaia che ascolteremo nella prima lettura: «Consolate il mio popolo, dice il Signore, parlate al cuore di Gerusalemme, ditegli che la sua tribolazione sta per finire, le sue colpe sono scontate perché ha ricevuto dalla mano del Signore il doppio per tutti i suoi peccati» (Is 40,1-2).
Mickael N'Serma, V anno