"Vogliamo vedere Gesù...."; è la domanda che, alcuni greci rivolgono a Filippo. Come altri personaggi comparsi in precedenza, anche questi, che oggi incontriamo nella narrazione di Giovanni, possono essere assunti come simbolo di tutti gli uomini, di tutti i tempi e di tutte le culture che desiderano conoscere e incontrare Gesù. I "greci" di cui il Vangelo parla, non hanno un nome. Questo non avviene a caso, infatti, il loro nome è il nostro, il nome di ciascuno di noi. Il desiderio di questi uomini muove i passi verso la conoscenza di Gesù e questa si compie con non come atto intellettuale (anche se si parla di greci), ma come evento più profondo che avviene mediante un cammino nella fede: credendo, amando e seguendo il Cristo. La risposta di Gesù ai due discepoli, Andrea e Filippo, è segnata dall’evento della croce, nascosta nel simbolo del chicco di grano di cui ci parla nella splendida ma breve parabola: "In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto"(Gv12,24). Il chicco di grano, come ogni altro seme, per sprigionare tutta la sua fecondità, deve, necessariamente cadere sul terreno, deve essere ingoiato dal buio della terra e lì, lentamente, macerare, prima che un nuovo stelo, si affacci alla luce del sole e cresca producendo nuova vita. La morte è la realtà amara che inquieta ogni uomo: anche Cristo le va incontro, con "turbamento": "Ora l'anima mia è turbata; e che devo dire? Padre, salvami da quest'ora? Ma per questo sono giunto a quest'ora! Padre, glorifica il tuo nome" (Gv 12,27-28a). L' "Ora" del Figlio di Dio è l'ora della passione e della morte, il compimento del Mistero, il segno dell'amore infinito e dell'infinita misericordia; la porta che riapre i cieli e immette gli uomini nella pienezza della vita. "Venne allora una voce dal cielo: “L' ho glorificato e di nuovo lo glorificherò!"(Gv 12,28b). Come nel battesimo, presso il Giordano, come sul Tabor, ancora i cieli si aprono e la voce del Padre rende testimonianza al Figlio, perché gli uomini credano in Lui, lo ascoltino e seguano le orme del loro Redentore, fino alla vetta del Calvario, in ogni tempo e qualunque esso sia. "Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna"(Gv 12,25). È una proposta di sequela non facile da accettare, né da realizzare, se non in forza dell'amore e in vista della prospettiva finale che è quella di essere accolti dal Padre, essere da Lui guardati e amati come figli: è questa la gloria dell'uomo, una gloria che non ha fine. La morte di Cristo è feconda di vita, la sequela di Lui, portando la croce, è altrettanto feconda di salvezza che è vita, rinnovata e trasfigurata nella Sua morte e resurrezione. Dalla Croce di Cristo, da quel "chicco di grano" caduto a terra, è nato il nuovo popolo dei battezzati, di coloro che, per usare un'altra immagine tipica di Giovanni, sono stati innestati a Lui come i tralci alla vite e che con Lui soffrono e con Lui muoiono per risorgere, infine, con Lui.
Aldo di Gennaro, IV anno
Pea sprouts germinating in soil
"Vogliamo vedere Gesù...."; è la domanda che, alcuni greci rivolgono a Filippo. Come altri personaggi comparsi in precedenza, anche questi, che oggi incontriamo nella narrazione di Giovanni, possono essere assunti come simbolo di tutti gli uomini, di tutti i tempi e di tutte le culture che desiderano conoscere e incontrare Gesù. I "greci" di cui il Vangelo parla, non hanno un nome. Questo non avviene a caso, infatti, il loro nome è il nostro, il nome di ciascuno di noi. Il desiderio di questi uomini muove i passi verso la conoscenza di Gesù e questa si compie con non come atto intellettuale (anche se si parla di greci), ma come evento più profondo che avviene mediante un cammino nella fede: credendo, amando e seguendo il Cristo. La risposta di Gesù ai due discepoli, Andrea e Filippo, è segnata dall’evento della croce, nascosta nel simbolo del chicco di grano di cui ci parla nella splendida ma breve parabola: "In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto"(Gv12,24). Il chicco di grano, come ogni altro seme, per sprigionare tutta la sua fecondità, deve, necessariamente cadere sul terreno, deve essere ingoiato dal buio della terra e lì, lentamente, macerare, prima che un nuovo stelo, si affacci alla luce del sole e cresca producendo nuova vita. La morte è la realtà amara che inquieta ogni uomo: anche Cristo le va incontro, con "turbamento": "Ora l'anima mia è turbata; e che devo dire? Padre, salvami da quest'ora? Ma per questo sono giunto a quest'ora! Padre, glorifica il tuo nome" (Gv 12,27-28a). L' "Ora" del Figlio di Dio è l'ora della passione e della morte, il compimento del Mistero, il segno dell'amore infinito e dell'infinita misericordia; la porta che riapre i cieli e immette gli uomini nella pienezza della vita. "Venne allora una voce dal cielo: “L' ho glorificato e di nuovo lo glorificherò!"(Gv 12,28b). Come nel battesimo, presso il Giordano, come sul Tabor, ancora i cieli si aprono e la voce del Padre rende testimonianza al Figlio, perché gli uomini credano in Lui, lo ascoltino e seguano le orme del loro Redentore, fino alla vetta del Calvario, in ogni tempo e qualunque esso sia. "Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna"(Gv 12,25). È una proposta di sequela non facile da accettare, né da realizzare, se non in forza dell'amore e in vista della prospettiva finale che è quella di essere accolti dal Padre, essere da Lui guardati e amati come figli: è questa la gloria dell'uomo, una gloria che non ha fine. La morte di Cristo è feconda di vita, la sequela di Lui, portando la croce, è altrettanto feconda di salvezza che è vita, rinnovata e trasfigurata nella Sua morte e resurrezione. Dalla Croce di Cristo, da quel "chicco di grano" caduto a terra, è nato il nuovo popolo dei battezzati, di coloro che, per usare un'altra immagine tipica di Giovanni, sono stati innestati a Lui come i tralci alla vite e che con Lui soffrono e con Lui muoiono per risorgere, infine, con Lui.
Aldo di Gennaro, IV anno
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