Nello scrivere il documento il Papa spiega di essersi lasciato “ispirare dalla ricchezza delle riflessioni e dei dialoghi del Sinodo” sui giovani celebrato in Vaticano nell’ottobre 2018. Le parole con cui inizia da cui deriva il titolo: “Christus vivit”, sono anche la sintesi del messaggio positivo che l’Esortazione apostolica vuol lanciare: “Cristo vive. Egli è la nostra speranza e la più bella giovinezza di questo mondo. (…) Perciò, le prime parole che voglio rivolgere a ciascun giovane cristiano sono: Lui vive e ti vuole vivo!”. Scorriamo le sue pagine:
Il testo prende il via dalla lettura di che cosa la Parola di Dio dice a proposito dei giovani, di come Dio li guarda. Porta esempi del Vecchio e del Nuovo Testamento per dimostrare il loro valore in epoche in cui contavano davvero poco. Il Papa nota “che a Gesù non piaceva il fatto che gli adulti guardassero con disprezzo i più giovani o li tenessero al loro servizio in modo dispotico. Al contrario, chiedeva: “Chi tra voi è più grande diventi come il più giovane”. Nello stesso tempo la Sacra Scrittura raccomanda il rispetto per gli anziani. Essere giovani però non è solo questione di età. Gesù infatti incontra il giovane ricco, ma “il suo spirito non era così giovane – scrive il Papa – perché si era già aggrappato alle ricchezze e alle comodità”. Nel Vangelo ci sono poi alcune giovani “pronte e attente”, mentre altre “distratte e addormentate”. Ai giovani che hanno perso vigore il Signore rivolge l’invito: “Ragazzo, dico a te, alzati!”.
Il Sinodo ha affermato che la giovinezza è un periodo stimolante della vita che Gesù stesso ha vissuto. Ma come ne parla il Vangelo? Non dobbiamo pensare, scrive Francesco, che “Gesù fosse un adolescente solitario (…). Il suo rapporto con la gente era quello di un giovane che condivideva tutta la vita di una famiglia ben integrata nel villaggio”, “nessuno lo considerava un giovane strano o separato dagli altri”. La pastorale giovanile dovrebbe tener conto di questi aspetti della giovinezza di Gesù “per non creare progetti che isolino i giovani dalla famiglia e dal mondo, o che li trasformino in una minoranza selezionata e preservata da ogni contagio”. Servono invece “progetti che li rafforzino, li accompagnino e li proiettino verso l’incontro con gli altri, il servizio generoso, la missione”.
Francesco parla quindi della giovinezza della Chiesa e scrive: “Chiediamo al Signore che liberi la Chiesa da coloro che vogliono invecchiarla, fissarla sul passato, frenarla, renderla immobile. Chiediamo anche che la liberi da un’altra tentazione: credere che è giovane perché cede a tutto ciò che il mondo le offre” mimetizzandosi con gli altri. “No. È giovane quando è sé stessa”. E se per molti ragazzi religione e Chiesa sono parole vuote, il Papa osserva che “essi sono sensibili alla figura di Gesù, quando viene presentata in modo attraente”. Per fare questo bisogna che la Chiesa si ponga nella disponibilità a cambiare alcune cose concrete.
Nell’Esortazione si riconosce che ci sono giovani per i quali la Chiesa risulta “fastidiosa e perfino irritante”, a causa anche di ragioni rispettabili, scrive il Papa, come “gli scandali sessuali ed economici; l’impreparazione dei ministri (…) il ruolo passivo assegnato ai giovani all’interno della comunità cristiana; la fatica della Chiesa di rendere ragione delle proprie posizioni dottrinali ed etiche di fronte alla società”. Altri giovani desiderano “una Chiesa che ascolti di più, che non stia continuamente a condannare il mondo. Non vogliono vedere una Chiesa silenziosa e timida, ma nemmeno sempre in guerra”. Papa Francesco lo spiega dicendo che una Chiesa troppo timorosa può essere, ad esempio, costantemente critica “nei confronti di tutti i discorsi sulla difesa dei diritti delle donne ”, tema affrontato dal Sinodo, mentre una Chiesa “viva può reagire prestando attenzione alle legittime rivendicazioni (…) pur non essendo d’accordo con tutto ciò che propongono alcuni gruppi femministi”. Francesco presenta quindi Maria, la ragazza di Nazaret, e il suo sì come quello “di chi vuole coinvolgersi e rischiare”, sentendosi investiti di una promessa. E ai giovani dice che nella Chiesa ci sono tanti giovani santi coraggiosi che hanno dato la vita per Cristo.
Francesco afferma in questo capitolo che i giovani non sono solo il futuro del mondo, ma il presente e perciò vanno ascoltati, resistendo alla tentazione di fornire “risposte preconfezionate e ricette pronte”, guardando al positivo che c’è in loro e avendo la capacità “di individuare percorsi dove altri vedono solo muri”. Varie poi sono le realtà giovanili di cui tener conto. E ricorda i giovani che vivono in contesti di guerra, quelli sfruttati dalla criminalità, tratta di esseri umani, schiavitù e sfruttamento sessuale. Coloro che vengono “ideologizzati, strumentalizzati e usati come carne da macello”. Numerosi poi i giovani emarginati per ragioni religiose, etniche o economiche. Francesco cita le ragazze che restano incinte, la piaga dell’aborto, la diffusione dell’HIV e le diverse forme di dipendenza, la situazione dei bambini di strada e conclude: “Non possiamo essere una Chiesa che non piange di fronte a questi drammi dei suoi figli giovani”.
Francesco parla poi del fenomeno della colonizzazione ideologica che in molti Paesi poveri impone, in cambio di aiuti economici, proposte occidentali di vita che danneggiano in particolare i giovani. Riguardo alla sessualità il Papa dice che “in un mondo che enfatizza esclusivamente la sessualità, è difficile mantenere una buona relazione col proprio corpo e vivere serenamente le relazioni affettive”. E che anche per questo la morale sessuale è spesso causa di “incomprensione e di allontanamento dalla Chiesa” percepita “come uno spazio di giudizio e di condanna”.
Non manca nell’Esortazione il riferimento all’ambiente digitale da cui non si può prescindere “per raggiungere e coinvolgere i giovani”. Ma esso “è anche un territorio di solitudine, manipolazione, sfruttamento e violenza” dove trova spazio cyberbullismo, diffusione della pornografia, sfruttamento delle persone a scopo sessuale o attraverso il gioco d’azzardo, circolazione di notizie false che fomentano l’odio. Un fenomeno “che tocca anche la Chiesa e i suoi pastori”. Come non ricordare poi, continua Papa Francesco, i tanti giovani direttamente coinvolti nelle migrazioni? “In alcuni Paesi di arrivo – scrive – i fenomeni migratori suscitano allarme e paure, spesso fomentate e sfruttate a fini politici. Si diffonde così una mentalità xenofoba”, e chiede ai giovani di non assecondare chi li vorrebbe mettere contro altri giovani.
Il Papa affronta anche il tema degli abusi sui minori e riafferma l’impegno del Sinodo per l’adozione di rigorose misure di prevenzione, esprimendo gratitudine “verso coloro che hanno il coraggio di denunciare il male subìto”. Per la Chiesa, con l’aiuto dei giovani, questo momento oscuro “può essere davvero un’opportunità per una riforma di portata epocale, per aprirsi a una nuova Pentecoste”. Così ai giovani Francesco ricorda che “c’è una via d’uscita” in tutte le situazioni dolorose e che ci sono tanti giovani che, specie all’interno di una vita comunitaria, ce l’hanno fatta a non cadere nelle trappole e a mantenersi liberi vivendo la propria giovinezza come “un tempo di donazione generosa, di offerta sincera” di sé.
Nel quarto capitolo Papa Francesco rivolge ai giovani, al di là di tutte le circostanze, l’annuncio più importante che si declina in tre grandi verità: La prima: “Dio ti ama”; la seconda: “Cristo ti salva”, perché il suo amore “è più grande di tutte le nostre contraddizioni, di tutte le nostre fragilità”. La terza verità: “Egli vive!” E se “Egli vive, allora davvero potrà essere presente nella tua vita, in ogni momento, per riempirlo di luce”. Nell’Esortazione leggiamo: “Se riesci ad apprezzare con il cuore la bellezza di questo annuncio e a lasciarti incontrare dal Signore; se ti lasci amare e salvare da Lui; se entri in amicizia con Lui e cominci a conversare con Cristo vivo sulle cose concrete della tua vita, questa sarà (…) l’esperienza fondamentale che sosterrà la tua vita cristiana. Questa è anche l’esperienza che potrai comunicare ad altri giovani”.
La domanda con cui si apre il 5° capitolo è: “Come si vive la giovinezza quando ci lasciamo illuminare e trasformare dal grande annuncio del Vangelo? Per Francesco è una domanda importante perché essere giovani “è un dono che possiamo sprecare inutilmente, oppure possiamo riceverlo con gratitudine e viverlo in pienezza”. La giovinezza, prosegue, non può restare un “tempo sospeso”, perché “è l’età delle scelte”. Francesco invita i giovani a non cedere all’ansia perché i “sogni più belli si conquistano con speranza, pazienza e impegno, rinunciando alla fretta”, ma li esorta a non limitarsi ad osservare la vita dal balcone, a non passare la vita davanti a uno schermo, e dice: “Fatevi sentire! Scacciate le paure che vi paralizzano… vivete!”. E non private la vostra giovinezza dell’amicizia con Gesù che dà pienezza al vostro essere giovani facendovi sentire sempre accompagnati come i discepoli di Emmaus.
Per crescere, il Papa raccomanda ai giovani di mantenere sempre “la ‘connessione’ con Gesù” e propone “percorsi di fraternità” per vivere la fede. Parla
poi dei giovani impegnati, che possono correre “il rischio di chiudersi in piccoli gruppi”. Invita i ragazzi a vivere l’impegno sociale a contatto con i poveri e ad essere protagonisti del cambiamento verso una civiltà più giusta e fraterna. Infine li esorta a farsi “missionari coraggiosi”, testimoniando ovunque il Vangelo con la propria vita, andando anche controcorrente.
“A volte ho visto alberi giovani, belli, che alzavano i loro rami verso il cielo tendendo sempre più in alto, e sembravano un canto di speranza. Successivamente, dopo una tempesta, li ho trovati caduti, senza vita. Poiché avevano poche radici…”. Francesco esprime così la sua convinzione che non è possibile un futuro senza radici e che al mondo non è utile la rottura tra le generazioni. E parla dell’esistenza di manipolatori che vorrebbe giovani sradicati perché possano credere solo alle loro promesse. Fondamentale quindi il rapporto con gli anziani e il Papa precisa che ciò “non significa che tu debba essere d’accordo con tutto quello che dicono”. Ma bisogna camminare insieme.
Il Papa parte dalla costatazione che la pastorale giovanile ha subito l’assalto dei cambiamenti sociali e culturali e “i giovani, nelle strutture consuete, spesso non trovano risposte alle loro inquietudini”. E’ necessario che essi stessi siano “attori della pastorale giovanile, accompagnati e guidati, ma liberi di trovare strade sempre nuove con creatività e audacia”. La pastorale giovanile ha bisogno di flessibilità per favorire l’incontro con Dio. Deve percorrere due grandi linee di azione: la ricerca, cioè la chiamata di nuovi giovani verso il Signore, e la crescita. Per la prima Francesco dice che va privilegiato “il linguaggio della vicinanza, il linguaggio dell’amore disinteressato (…) che tocca il cuore”, prevedendo momenti che aiutino “ad approfondire l’esperienza personale dell’amore di Dio e di Gesù Cristo vivo”. I giovani devono essere aiutati “a fare comunità, a servire gli altri, ad essere vicini ai poveri”. Riguardo alla crescita raccomanda di non eccedere nella quantità di contenuti dottrinali da trasmettere, ma “di suscitare e radicare le grandi esperienze che sostengono la vita cristiana”. Le istituzioni della Chiesa diventino dunque ambienti adeguati, accoglienti e cita le esperienze di alcuni oratori e centri giovanili.
Un aspetto decisivo è la pastorale delle istituzioni educative cattoliche. Il Papa mette in guardia dalle scuole trasformate in un “bunker” che protegge dagli errori esterni. L’obiettivo deve essere piuttosto la formazione di persone forti, integrate, capaci di dare. Tra gli ambiti di sviluppo pastorale, il Papa indica le l’arte, lo sport e l’impegno per la salvaguardia del creato. Ancora: serve “una pastorale giovanile popolare”, senza troppe norme e inquadramenti. Perché pretendendo “una pastorale giovanile asettica, pura, caratterizzata da idee astratte, lontana dal mondo e preservata da ogni macchia, riduciamo il Vangelo a una proposta insipida, incomprensibile, lontana, separata dalle culture giovanili”. In sintesi occorre, dunque, un accompagnamento dei giovani nella libertà e sono i giovani stessi a descrivere ciò che vorrebbero trovare in chi li accompagna: l’autenticità di una vita cristiana e sociale, la capacità di non giudicare ma di ascoltare, la gentilezza e la consapevolezza di sé con i propri limiti.
Il Signore ha un progetto stupendo per ciascuno di noi, sostiene il Papa e per realizzarlo “è necessario sviluppare (…) tutto ciò che si è”. Due gli ambiti fondamentali per ogni persona: la formazione di una famiglia e il lavoro. Francesco scrive che “i giovani sentono fortemente la chiamata all’amore e sognano di incontrare la persona giusta con cui formare una famiglia”. La sessualità è un dono e “ha due scopi: amarsi e generare vita”. Nonostante tutte le difficoltà, il Papa assicura ai giovani che “vale la pena scommettere sulla famiglia (…). Credere che nulla può essere definitivo è un inganno (…) vi chiedo di essere rivoluzionari, vi chiedo di andare controcorrente”. “Io ho fiducia in voi, per questo vi incoraggio a scegliere il matrimonio”.
Riguardo al lavoro, il Papa denuncia l’emarginazione sperimentata dai giovani e richiama la politica ad impegnarsi contro la disoccupazione giovanile. Ai giovani dice: “È vero che non puoi vivere senza lavorare e che a volte dovrai accettare quello che trovi, ma non rinunciare mai ai tuoi sogni, non seppellire mai definitivamente una vocazione”. Francesco conclude questo capitolo parlando della possibilità di consacrarsi a Dio nel sacerdozio e nella vita religiosa. “Perché escluderlo? Abbi la certezza che, se riconosci una chiamata di Dio e la segui, ciò sarà la cosa che darà pienezza alla tua vita”.
Scoprire la propria vocazione “è un compito che richiede spazi di solitudine e di silenzio”, è una decisione personale, sottolinea il Papa, ed è necessario dunque il discernimento che va oltre la ragione. E secondo Francesco, a chi aiuta i giovani in questo cammino, sono richieste tre sensibilità: l’attenzione e l’ascolto della persona; la capacità di distinguere la grazia dalla tentazione, la verità dagli inganni; e infine la comprensione di “dove vuole andare veramente l’altro”. Francesco raccomanda: dobbiamo “suscitare e accompagnare processi, non imporre percorsi”. L’Esortazione si conclude con un desiderio del Papa: “Cari giovani, sarò felice nel vedervi correre più velocemente di chi è lento e timoroso.(…) La Chiesa ha bisogno del vostro slancio, delle vostre intuizioni, della vostra fede… E quando arriverete dove noi non siamo ancora giunti, abbiate la pazienza di aspettarci.”