Il Prologo di Giovanni è un po' come una poesia che ci racconta un grande mistero: Dio si è fatto vicino a noi. In esso si intrecciano parole piene di luce: vita, gloria, libertà, realtà creata.
Due sono gli spunti che cercherò di far cogliere: il primo è il Verbo che si è fatto carne, mentre il secondo è l'esercizio della nostra libertà nell'accoglierlo totalmente.
Quest'inno ha il suo punto nodale nel versetto 14: «Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi».
L’Apostolo amato da Gesù, con queste semplici parole, ci vuole comunicare una grande realtà misteriosa: la Seconda Persona della S.S. Trinità si è incarnata, cioè è diventata persona incarnata, fatta di carne e ossa, che i discepoli hanno potuto toccare, ascoltare, vedere e con cui hanno condiviso delle esperienze per tre anni. Non è un mito o una persona astratta; no, è carne come noi, che ha abitato in mezzo a noi, e, dice Giovanni, del quale «noi abbiamo contemplato la sua gloria». Cosa intende dire qui l’Apostolo? Innanzitutto, chi sarebbe quel “noi”? Evidentemente, Giovanni si riferisce al gruppo degli Apostoli, ai testimoni che hanno avuto la fortuna di incontrare Gesù. Giovanni attinge ai ricordi di coloro che sono stati vicini a Gesù, a coloro che han visto la sua “gloria”. Questa parola in greco è δόχα, significa anche “splendore” e allude a ciò che gli Apostoli hanno potuto contemplare e vedere in quei tre anni in cui sono stati insieme a Gesù: i miracoli, la morte, la Crocifissione e soprattutto la Risurrezione. Il termine, inoltre, si riferisce allo splendore accecante che emanava dalla persona di Gesù durante la Trasfigurazione sul monte Tabor. Questa nota autobiografica di Giovanni, ha un valore anche per noi, che possiamo vedere la “gloria” di Gesù, oggi, attraverso la Chiesa, mediante i Sacramenti, attraverso i Santi, e tutte le opere buone che la Chiesa continua a fare. Essa in oltre 2000 anni, nonostante le persecuzioni, continua a svolgere la missione affidatagli dal Maestro e a manifestare la gloria di Dio che persiste nei secoli.
Nella seconda parte del testo, Giovanni, ci parla dell'esercizio della nostra libertà nell'accoglierlo totalmente: «A quanti lo hanno accolto, ha dato il potere di diventare figli di Dio». Cosa ci offre il Padre in cambio della nostra accoglienza del Signore? Ci fa diventare suoi figli. Non figli alla stessa maniera di Gesù, perché solo Lui era ed è l’Unigenito del Padre, ma figli adottivi. Gli uomini, accogliendo il messaggio, la persona del Signore Gesù, diventano figli del Padre, vengono elevati dalla semplice creaturalità allo stato di figlio, a tal punto da poter chiamare il Padre, Abbà, cioè Babbo, ed allo stesso tempo diventare fratelli di Gesù e coeredi del Regno.
Aldo Di Gennaro, V anno