La preghiera di colletta, scelta per questa domenica, esprime in poche righe un elemento fondamentale nella vita del cristiano: la Parola del Signore, ci aiuta a comprendere ed amare i fratelli senza ricadere nei giudizi presuntuosi e cattivi e, inoltre, ci rende instancabili operatori di pace e di bontà.
Il Vangelo di oggi, attraverso le parole di Gesù, ci indica una strada da seguire. Cristo mediante l’uso di parabole e con esempi concreti che prendono forma dalle esperienze più umane ci offre alcuni insegnamenti.
Innanzitutto, un buon discepolo non può essere cieco; deve al contrario vederci bene, per non essere di inciampo agli altri. Con la parabola della pagliuzza e della trave Gesù vuole insegnare l’arte di diventare maestri: essa si acquista, stando al servizio di un buon maestro e riconoscendo di aver bisogno di imparare e di sbagliare.
Gesù ci chiede di rivedere noi stessi, prima degli altri, proprio per non essere dei ciechi. Soprattutto nelle realtà di oggi è sempre facile indispettirsi per i difetti o i limiti altrui e giustificarsi dinanzi alle nostre “travi”. Guardando, invece, la nostra vita possiamo vedere ciò che facciamo, che albero siamo e che frutti portiamo. Il nostro cuore, la nostra vita interiore, viene rivelato dalle opere che facciamo. Sant’Ambrogio osserva: “È una grande scuola di virtù, quella che ti insegna a non cercare frutto dagli alberi infruttuosi, o di attenderti una messe feconda da campi incolti. Ciascuno ottiene i frutti che la sua coltivazione gli dà.”
Già la sapienza dell’Antico Testamento avvertiva che le apparenze non contano, mentre essenziale è conoscere il cuore. La Parola è la via mediante il quale si manifesta il cuore: “La Parola rivela il sentimento dell’uomo”. Parlando poi dei frutti del giusto, il salmo responsoriale nota che essi matureranno anche nella vecchiaia. Non inaridisce mai una vita dedicata ad osservare il volere di Dio.
Oggi siamo chiamati a vivere questa responsabilità nei confronti di tutti e ad essere consapevoli dei frutti che scaturiscono dalle nostre vite, per rimanere, come ci ricorda Paolo, “saldi e irremovibili” nella fede, sapendo che le nostre fatiche non sono vane.
Alessio Caldararo, IV anno