Commento alle letture bibliche della Domenica delle Palme, Anno A
2 aprile 2023
L’agitazione che ha pervaso la numerosissima folla può essere una chiave interpretativa del nostro stato d’animo attuale: stiamo entrando nella Settimana Santa e siamo chiamati a contemplare il mistero di passione, morte e risurrezione del Cristo. Anche noi viviamo un turbamento dinanzi alle numerose fatiche di questo mondo, della nostra vita, della nostra fede ed esse ci interpellano a domandarci in maniera più o meno consapevole: chi sei Signore? Dove dimori?
La ricerca costante, faticosa e imprevedibile deve portarci a riconoscere la presenza del Signore negli eventi della quotidianità per essere con la nostra vita un segno chiaro e limpido della Sua presenza. Necessitiamo di limpidezza e bellezza che passano per un discernimento sano, libero e consapevole. Il Signore vive cosi l’evento centrale della sua vita e ci invita a guardare oltre, ad un impegno alto ed esigente rispetto alle logiche perverse che da sempre attraversano l’esistenza umana. Credenti capaci di schierarci per il Signore!
Come sempre l’invito del Signore è ad una relazione profonda, segnata dal riconoscimento reciproco di ciò che è essenziale, poiché è lui stesso ad averne bisogno, non uno qualunque, il Signore che non lega a sé, ma ci riconsegna la libertà di scegliere se osannarlo con verità o rinnegarlo con ipocrisia (cf Mt 21, 1.11). Il Suo non è un invito instabile, a tentoni o che si rassegna e ritira in base al suo interlocutore, ma è eterno, stabile e dinamico. Dio si rende presente in ogni momento nella nostra vita, è pronto a consegnarsi all’uomo mettendo in conto il tradimento di Giuda, il rinnegamento di Pietro e i numerosi passi indietro di tutti coloro che non lo comprendono.
Il riconoscimento della sua perenne assistenza, come ci ricorda Isaia nella prima lettura, è la manifestazione del suo primato d’amore senza confini, la promessa che non siamo soli nella missione ardua e speranzosa dell’annuncio del Regno di Dio, avendo il coraggio di schierarci contro tutto ciò che contrasta il Vangelo (cf. Is 50, 4-7). È un processo di kenosis! Contempliamo questo mistero disponendoci a svuotarci da tutto ciò che ci appesantisce, ci fa male, non ci rende veramente e pienamente noi stessi. La vita passa da questa consapevolezza: Dio si rende piccolo perché l’umanità fiorisca. Assumiamo anche noi due disposizioni fondamentali per rispondere con la stessa concretezza a questa chiamata: essere servi, cioè amare secondo il bene possibile, alla sequela del Maestro ed essere obbedienti alla volontà del Padre (cf. Fil 2,6-11). In questo rischioso discernimento si gioca la felicità che richiede di tenere insieme tutti gli avvenimenti della vita. Ecco, dunque, come Matteo è attento a sottolineare nel racconto della passione che la liturgia ci offre che in Cristo le Scritture si compiono, Lui è il volto del Padre, in Lui riconosciamo il mistero dell’amore totale, libero, disinteressato.
I sentimenti provati da Gesù nel lungo cammino della passione sono per noi una scuola per maturare in umanità nella fede. Vi presento tre brevissime suggestioni per entrare nel testo. Siamo chiamati a contemplare il Cristo riconoscendo: la sua solitudine, il suo coraggio, la sua speranza (cf. Mt 26,14-27,66).
La solitudine del Cristo: il tradimento da parte di Giuda e il rinnegamento di Pietro sono emblematici conflitti che Gesù è chiamato ad affrontare. La sua solitudine e sofferenza diventano occasioni formative per guardare al cuore dell’uomo e farlo risorgere. La pedogogia del Signore è sempre la misericordia, anche nella durezza delle situazioni; egli con la sua stessa esistenza è segno distintivo di possibilità di vita. Il non definitivo della nostra vita trova un orizzonte guardando la vita del Signore.
Il Coraggio del Cristo: il Figlio non abbandona il Padre e il Padre non abbandona il Figlio. Non sceglie la via più facile, rifiuta atteggiamenti violenti, si affida piangendo nella solitudine. Egli è la verità non riconosciuta, derisa e annullata e in questo processo di difficile comprensione non viene meno alla sua missione. In gioco è la sua identità e dignità che non rinnega nemmeno un momento.
La speranza del Cristo: nel momento più alto della sofferenza e della prova la fatica di riconoscere la volontà del Padre non diviene chiusura sterile, ma affidamento concreto. Chi si affida con autenticità può essere visto anche come un fallito, un falso, un inetto, ma nel Signore riconosciamo la speranza che non demorde, la passione per il possibile, il bene che trionfa sul male, la sofferenza che diventa vita condivisa, sempre!
Sia una Settimana Santa che ci faccia rifiorire in tutto il nostro potenziale di amore, capaci sempre di schierarci dalla parte del Vangelo, cioè degli ultimi, come lo siamo noi!
Fabio Cincavalli, V anno