Gen 11,1-9
Sal 32
Rm 8,22-27
Gv 7,37-39
Il vangelo giovanneo, è il vangelo dei segni, il vangelo della fede, il vangelo dell'amore, il vangelo della rivelazione, il vangelo della gloria... Ma il suo nome più appropriato è «il vangelo della vita», e la molteplicità dei nomi che bisogna via via evocare per definirlo dice la sua ricchezza. Anzi, la sua immensità.” (Giancarlo Biguzzi)
I pochi versetti che la liturgia ci offre appartengono al grande discorso di addio rivolto da Gesù ai suoi discepoli prima della Passione, che Giovanni estende da 13, 31 fino alla fine del cap. 17. Qui Gesù comincia a parlare delle conseguenze inevitabili della sequela e della scelta di fede e amore per Lui.
Sono passati cinquanta giorni dalla Pasqua. I cinquanta giorni indicano che un tempo si sta concludendo, in questa domenica infatti spegneremo simbolicamente il cero pasquale, che continuerà ad ardere nella vita della chiesa. Giunge infatti a compimento il tempo del Gesù terreno e delle sue apparizioni. Si apre un nuovo tempo, il nostro tempo, il tempo della chiesa e dello Spirito. L’Evangelista Giovanni evidenzia questa nuova fase mettendoci dinanzi al Paraclitos, al Paraclito, colui che ci parla da vicino, al consolatore, a colui che è “chiamato accanto”. È l’avvio di un nuovo processo, di una presenza amica che è accanto all’uomo.
Potremmo anzitutto porre lo sguardo su tre grandi scene di questa pericope.
La prima la troviamo nei versetti 26-27 dove Gesù annuncia l’invio dello Spirito Santo, quale Consolatore, quale Avvocato difensore; sarà Lui ad agire nel processo accusatorio che il mondo intenta contro i discepoli di Cristo. Sarà Lui a renderli forti nella persecuzione. Per proseguire nel versetto 12 dove Gesù pone i suoi discepoli – e quindi anche noi – di fronte alla loro condizione di povertà, per la quale non è loro dato di comprendere molto né delle parole di Gesù, né delle parole della Scrittura. Per poi proseguire con i versetti 16, 13-15. In questi ultimi, la Parola di Gesù rivela ai discepoli quale sarà l’azione del suo Spirito nei loro confronti.
Sarà Lui a guidarli in tutta la verità, Egli guiderà, rivelerà, annuncerà, illuminerà, portando le parole stesse del Padre. E così saremo condotti nell’incontro con Dio; per grazia saremo resi capaci di comprendere le profondità del Padre e del Figlio.
La nostra vita, allora, diventa luogo sacro, tempio santo, poiché inserito in un “noi ecclesiale”. Mons. Magrassi, in un testo bellissimo “Afferrati da Cristo” ebbe a dire: “Il noi cristiano che cosa aggiunge? Aggiunge lo Spirito Santo. E non è certamente poco! Anzi è tutto! «Altissimum donum Dei». È il dono in cui Dio sintetizza tutti i doni. La comunità cristiana è la fioritura in noi dell'agàpe, dell'amore del Padre. Siamo chiamati a diventare «uno», come Gesù è uno col Padre (Gv 17,11). È l'amore di Dio, lo Spirito Santo, che passa nel cuore dell'uomo. «Caritas Dei»: Dei è genitivo soggettivo. È l'amore con cui Dio ama che viene ad abitare nel cuore umano, viene nel nostro sangue, quasi nel nostro respiro, e afferra tutto l'essere: quello che si ha, quello che si è, quello che si pensa, quello che si fa.”
Chiediamo al Signore di accogliere lo Spirito Santo come dono d’amore affinché possa essere fecondo nella vita della chiesa, quale comunità d’amore.
Francesco De Nicolò, V anno
Arcidiocesi di Bari-Bitonto
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