In questo giorno anche noi come Maria di Magdala ci rechiamo al sepolcro di buon mattino. Giovanni fa una precisazione: “Si recò al sepolcro vuoto di buon mattino, quando era ancora buio”, era buio anche nel suo cuore. La donna vide che il sepolcro era vuoto e andò ad avvisare subito Simo Pietro dicendo che avevano tolto il Signore dal sepolcro, non pensò minimamente che il Signore fosse Risorto. Ella pensò in questo modo perché ama talmente tanto Gesù da trattenerlo e non lasciare la sovrana libertà di Dio. Questa donna è un esempio del cammino di ciascuno di noi. Ciò che ci impedisce di vedere continuamente il Risorto in mezzo a noi e alla Chiesa è l’irrigidimento.
Come cristiani ci potremmo immedesimare, anche, sugli atteggiamenti di Pietro e Giovanni. I due discepoli, dopo la notizia di Maria di Magdala, corrono verso il sepolcro vuoto. La domanda che ci potremmo fare è: che bisogno c’è di correre? Bisogna correre perché Gesù merita la fretta dell’amore: l’amore ha sempre fretta.
L’altro discepolo che Gesù amava, corse più veloce e arrivò prima di Pietro; arrivò prima a capire, anche, la resurrezione. Chi ama arriva prima alle questioni del cuore, infatti Sant’Agostino diceva così: “chi crede cammina, chi ama corre”. Giovanni entrò, vide e credette. Anche di Pietro è detto che vide, ma non che credette. Giovanni crede perché i segni parlano solo per il cuore che sa leggerli. Pietro e Giovanni potremmo essere noi, che ci affanniamo e amiamo Gesù sentendo anche i pesi che a volte sono davvero troppi, come: la preoccupazione nella ricerca di un lavoro; un giovane che non riesce ad esprimere la sua fatica universitaria; una famiglia che fa il possibile per andare avanti e far crescere i loro figli… E spesso in questa corsa dimentichiamo l’essenziale, cioè la fede nel Risorto che è qui, adesso.
Il primo segno di Pasqua è il sepolcro vuoto, il corpo assente. In questo periodo manca un corpo per chiudere in pareggio il conto degli uccisi. Manca un corpo alla contabilità della morte, i suoi conti sono in perdita forse perché siamo così abituati a guardare in faccia la morte che quasi un corpo morto ci da sicurezza indipendentemente se si trovi in una bara, in un sacco, sotto un telo bianco o in una fossa comune. C’è un corpo senza vita. È la fine. Invece adesso, manca un corpo al bilancio della violenza. Pasqua spezza le catene delle morte, perché Pasqua è amore, come disse Gabriel Marcel: “Amare è dire: tu non morirai.” Cristo è risorto! È veramente risorto!
Eliseo Francesco Costantino, IV anno
Arcidiocesi di Manfredonia-Vieste-S. G. Rotondo
In questo giorno anche noi come Maria di Magdala ci rechiamo al sepolcro di buon mattino. Giovanni fa una precisazione: “Si recò al sepolcro vuoto di buon mattino, quando era ancora buio”, era buio anche nel suo cuore. La donna vide che il sepolcro era vuoto e andò ad avvisare subito Simo Pietro dicendo che avevano tolto il Signore dal sepolcro, non pensò minimamente che il Signore fosse Risorto. Ella pensò in questo modo perché ama talmente tanto Gesù da trattenerlo e non lasciare la sovrana libertà di Dio. Questa donna è un esempio del cammino di ciascuno di noi. Ciò che ci impedisce di vedere continuamente il Risorto in mezzo a noi e alla Chiesa è l’irrigidimento.
Come cristiani ci potremmo immedesimare, anche, sugli atteggiamenti di Pietro e Giovanni. I due discepoli, dopo la notizia di Maria di Magdala, corrono verso il sepolcro vuoto. La domanda che ci potremmo fare è: che bisogno c’è di correre? Bisogna correre perché Gesù merita la fretta dell’amore: l’amore ha sempre fretta.
L’altro discepolo che Gesù amava, corse più veloce e arrivò prima di Pietro; arrivò prima a capire, anche, la resurrezione. Chi ama arriva prima alle questioni del cuore, infatti Sant’Agostino diceva così: “chi crede cammina, chi ama corre”. Giovanni entrò, vide e credette. Anche di Pietro è detto che vide, ma non che credette. Giovanni crede perché i segni parlano solo per il cuore che sa leggerli. Pietro e Giovanni potremmo essere noi, che ci affanniamo e amiamo Gesù sentendo anche i pesi che a volte sono davvero troppi, come: la preoccupazione nella ricerca di un lavoro; un giovane che non riesce ad esprimere la sua fatica universitaria; una famiglia che fa il possibile per andare avanti e far crescere i loro figli… E spesso in questa corsa dimentichiamo l’essenziale, cioè la fede nel Risorto che è qui, adesso.
Il primo segno di Pasqua è il sepolcro vuoto, il corpo assente. In questo periodo manca un corpo per chiudere in pareggio il conto degli uccisi. Manca un corpo alla contabilità della morte, i suoi conti sono in perdita forse perché siamo così abituati a guardare in faccia la morte che quasi un corpo morto ci da sicurezza indipendentemente se si trovi in una bara, in un sacco, sotto un telo bianco o in una fossa comune. C’è un corpo senza vita. È la fine. Invece adesso, manca un corpo al bilancio della violenza. Pasqua spezza le catene delle morte, perché Pasqua è amore, come disse Gabriel Marcel: “Amare è dire: tu non morirai.” Cristo è risorto! È veramente risorto!
Eliseo Francesco Costantino, IV anno
Arcidiocesi di Manfredonia-Vieste-S. G. Rotondo
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