Inizia oggi un nuovo anno liturgico; inizia il tempo di Avvento, tempo di gioiosa attesa del ritorno nella gloria del Signore Gesù. L’attesa del cristiano non è però un’attendere passivamente, “con le mani in mano”, l’arrivo di “qualcuno qualsiasi” o, ancor peggio, di “qualcosa”. Il Vangelo utilizza un altro verbo: vegliare. Cosa significa? È il salmo responsoriale a svelarci il profondo significato di questo verbo: andare con gioia incontro al Signore. Il salmo infatti, in ogni liturgia eucaristica, è un grande riassunto degli altri testi proclamati e fornisce la chiave di lettura del Vangelo che ogni domenica la Chiesa ci propone. È bello notare come il salmo proposto questa domenica sia lo stesso di domenica scorsa, Solennità di Cristo Re dell’universo, quasi a dire che prima di iniziare qualcosa dobbiamo ricordarci del fine per cui lo facciamo, e viceversa.
Questo è uno degli insegnamenti che la liturgia ci vuole offrire attraverso la pericope evangelica che è una parabola tratta dall’ultimo grande discorso di Gesù, il “discorso escatologico”. Gesù introduce il suo discorso con un riferimento al capitolo 6 del Libro della Genesi in cui si narra l’episodio del diluvio universale e l’alleanza donata da Dio all’umanità in Noè. La generazione di Noè non è giudicata malvagia ma incosciente: essi sono annegati nella banalità del quotidiano non volendo sollevare lo sguardo verso l’orizzonte, verso ciò che sta al di là della superficialità della vita. Gli uomini e le donne di quel tempo prendevano moglie e marito, mangiavano e bevevano: non sono verbi negativi in sé ma lo diventano se distraggono dall’accorgersi di quello che sta succedendo. Dovremmo sempre chiederci: dove mi porta quello che faccio? Perché lo faccio? C’è sempre il rischio di cadere nel sonno esistenziale, cioè di fare tante cose senza vedere oltre di esse. Ci illudiamo che queste cose siano eterne, ma in realtà passano. E ce ne rendiamo conto solo quando arriva un diluvio che, come un colpo di spugna, cancella tutto. Allora c’è chi viene portato via e chi invece resta: è l’atteggiamento di chi attende nelle cose il Signore e lì lo incontra.
Questo tempo di Avvento può essere il tempo opportuno per chiedersi: qual è il fine di tutto ciò che faccio? Essere cristiani infatti non significa fuggire dal mondo rifugiandosi in un ipotetico futuro ma vivere in pienezza il nostro presente. Gesù è venuto a donarci la vita eterna non l’eterno risposo. Gesù ci invita ad essere uomini e donne responsabili che sappiano prendere in mano la propria esistenza e darne senso, consapevoli che dovremo renderne conto a Lui.
Il tempo di Avvento può dischiuderci il senso della venuta di Cristo in mezzo a noi. Nella seconda parte della parabola Gesù parla del suo ritorno definitivo, verrà per quel passaggio che ognuno di noi è chiamato a compiere alla fine della propria vita, il passaggio da questa vita all’altra. Gesù invita ognuno di noi a preoccuparsi della propria anima come faremmo per le nostre ricchezze materiali, perché come il ladro viene nella notte in silenzio per rubare ciò che non è di sua proprietà, così il Signore verrà all’improvviso a riprendersi ciò che è suo. Quel giorno verrà ma noi sappiamo che non abbiamo da temere perché non temiamo più la morte essendo in realtà essa nascita al cielo. È il giorno della vita eterna. Noi credenti quindi viviamo in una condizione molto simile a quella di Noè ma che in realtà la supera di gran lunga: Dio in Cristo ha stretto con l’umanità la nuova e definitiva alleanza e ce la offre gratuitamente. La certezza della sua venuta proietta una luce nella nostra esistenza che orienta il nostro camminare nella storia. Cosa ne faccio di questo dono? Come mi preparo ad accogliere il Signore? Chiediamo al Signore di ravvivare in noi il desiderio della sua venuta, il desiderio di incontrarlo ogni giorno nella nostra vita, di renderci persone che vegliano nella notte. D'altronde, chi è colui che veglia? È chi aspetta qualcuno, chi nel buio spera di riconoscere un volto familiare. Ma può essere anche la sentinella che aspetta il sole sorgere, la sentinella che aspetta il messaggero che viene incontro a portare liete notizie. Andiamo con gioia incontro al Signore!
Fabio Vecchi, V anno
Arcidiocesi di Manfredonia-Vieste-S. Giovanni R.