Nella II domenica di Avvento, dopo aver ascoltato la scorsa settimana l’invito di Gesù a vegliare e stare attenti ai segni che si manifesteranno, ci viene incontro alla preparazione per le feste natalizie questo brano di San Luca. E potremmo dire che l’inizio del vangelo di questa domenica può sembrarci un poco strano.
Leggiamo diversi nomi, luoghi, anni, numeri. Qual è il senso del leggere tutto questo nel vangelo che vuole parlarci di Gesù? Se ci riflettiamo, però, tutto questo che viene raccontato all’inizio è storia. Storia vera e reale che è avvenuta. Quindi, è come se l’evangelista Luca provasse a dirci due cose: innanzitutto, che Gesù non è una persona inventata, una persona di fantasia, ma una persona che è esistita realmente nella storia.
Mettendo la nostra memoria in atto, vediamo che queste stesse persone saranno lì, al loro posto a condannarlo a morire sulla croce, nonostante il Figlio di Dio sia manifestato nella loro storia, loro lo rinnegheranno e lo manderanno alla morte. Ma il vangelo ha sempre qualcosa di più profondo da dirci: la seconda cosa che vuole raccontarci è che Gesù si trova nella storia umana, viene nella vita dell’uomo, nel suo quotidiano. Lui viene e si incarna nel nostro oggi, nonostante ogni difficoltà e ogni rifiuto.
E, poi, ci viene manifestata la figura di Giovanni Battista, detto anche “Precursore” [in greco: πρόδρομος, προ (prima)+δρόμος (strada)]. E su di lui viene la Parola di Dio nel deserto dove lui si trova a vivere quella penitenza e quella conversione che predica. La Parola di Dio viene proprio lì dove c’è il deserto, lì dove non c’è speranza, lì dove l’uomo si trova da solo. Perché? Perché la Parola di Dio vuole venire a ravvivare, a far fiorire, a crescere. Ci potremmo chiedere con sincerità e autenticità: quali deserti vivo oggi nella mia vita? Dove mi trovo solo, arido? Mi sento un uomo senza speranza e fiducia? Un deserto forse comune per tutti in questi quasi 2 anni potrebbe essere la pandemia del Covid.
Ma ci dobbiamo chiedere: in questa pandemia è fiorito qualche aspetto della nostra vita o no? Giovanni nel deserto trova un’occasione per convertirsi e predicare il vangelo. Noi, invece, che facciamo in questo deserto? Lo abbiamo fatto passare così o riusciamo a tirare anche delle somme che ci possono aiutare nel futuro?
E, alla fine, ci viene presentato questo grande grido di Giovanni, pieno di vita e annuncio. Giovanni invita tutti gli uomini del suo tempo alla salvezza eterna, facendo suo il brano del profeta Isaia. Ma questa salvezza non avviene senza lo sforzo dell’uomo. “Preparate la via” ci dice. Ci possiamo chiedere ancora una volta: in questo mondo che è pieno di realtà disumane, contrarie alla predicazione cristiana, alla dignità di ogni creatura, specialmente dell’uomo, quando sta governando l’indifferenza di fronte alle persone, in un mondo dove vince l’individualità e non la fraternità, io da quale parte sto e come mi sto attivando?
La salvezza è per tutti, tutti hanno questo diritto. Ma è pure una grande responsabilità dinnanzi a quelli che ancora non hanno vissuto la salvezza di Dio. Allora, tutti dobbiamo metterci a chiedere dallo Spirito Santo di conoscere questa salvezza e se l’abbiamo conosciuta, di viverla nell’oggi e predicarla a tutti gli uomini che sono creature di Dio sia con le parole ma ancora di più con la nostra vita. Solo se ci mettiamo a vivere nei nostri deserti e a gridare con forza e gioia l’annuncio della venuta di Gesù nel mondo, allora saremo veri annunciatori della Parola di Dio e avremo aperto le strade per una nascita di Gesù nei nostri cuori, vera e autentica. Buon cammino e buon Natale!
Marios Atalla, IV anno
Arcidiocesi di Atene
mariosatallah@gmail.com