In questa II Domenica di Avvento, la liturgia ci invita a meditare un brano tratto dal capitolo 3 del Vangelo di Matteo, nel quale troviamo la figura del Battista, icona dell’uomo disposto ad incontrare Dio e profeta che richiama il popolo alla promessa di Dio. Il Battezzatore è colui che ha vissuto un cammino di preparazione del cuore all’incontro col Signore, cammino che si traduce in un ascolto attento della Parola e, a partire da questo, fare in modo che tale Parola prenda carne nella propria vita. Egli è colui che, col suo esempio, ci immerge nella realtà più profonda, più intima dell’uomo e ci fa riemergere come uomini nuovi, come figli dell’unico Padre, in Cristo. Giovanni ci accompagna nel difficile passaggio dalla religione alla fede, dalla mera osservanza di alcuni precetti, mediante i quali si crede di vivere una relazione autentica con Dio, alla piena comunione con lui, che si dà esclusivamente nella libertà. La predicazione del Battezzatore avviene nel deserto. Siamo abituati ad immaginare quest’ultimo come un luogo dai connotati negativi, nel quale molto difficile è sopravvivere. In realtà – ce lo dimostra molto bene la storia del popolo di Israele – il deserto è un luogo, se vogliamo, “pedagogico”, nel quale il popolo si è formato alla relazione con Dio e con se stesso. Questo, dunque, è luogo di verità, dove si sperimenta certamente la debolezza, l’angoscia, la solitudine, ma anche luogo nel quale si rivela pienamente la fedeltà di Dio, la sua compassione, la sua attenzione. In questo contesto Giovanni invita alla conversione, che, nel concreto, vuol dire mettere al centro Dio piuttosto che se stessi, abbracciare la logica della libertà piuttosto che quella del dovere. La sua voce, nella quale è compreso il grido di tutta l’umanità, racconta l’unica Parola, che è Cristo, l’atteso, il senso vero della vita. Interessante notare l’abbigliamento di Giovanni: la sua tunica era di peli di cammello ed indossava una cintura attorno ai fianchi. Se il vestito dice la dignità della persona che lo porta, tale abito rimanda evidentemente alla dignità profetica. Giovanni è rivestito della Parola, di Cristo, mediante il quale ha la possibilità di uscire dal deserto, compiendo un vero e proprio esodo. Il battesimo amministrato dal Precursore significava presa di coscienza del proprio peccato, ma anche desiderio di essere perdonati da Dio. Ed ecco che Giovanni dichiara quella che è la sua posizione davanti al Messia: non è lui a dare la vita, ma è colui che ci indirizza verso la Vita. In Gesù, infatti, non saremo semplicemente immersi nell’acqua – simbolo della morte – ma immersi nello Spirito Santo. Essere battezzati nello Spirito vuol dire la possibilità di condividere la vita stessa di Dio, vuol dire la possibilità di essere trasformati da pietre in figli, vuol dire la possibilità di entrare, qui ed ora, nel Regno che la Parola rivela. Ed è oggi che è possibile questa metànoia: la fede ci suggerisce che la salvezza è qui, che il tempo favorevole è già stato inaugurato.
Alessio Schirano, V anno
Arcidiocesi di Taranto