«Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!» (9, 35). Soltanto due volte in tutto il Vangelo il Padre fa sentire la sua voce; nel Battesimo e alla Trasfigurazione, aggiungendo, sul Monte, l’invito ad ascoltare Gesù. Prende la parola per poi “nascondersi” dietro/dentro la Parola che è il Figlio stesso.
È significativo che la Liturgia proponga questo brano al principio – o quasi – dell’itinerario quaresimale, intendendo così mostrarci quella che è la méta del nostro cammino: condividere la vita stessa di Dio, partecipare della luce del suo volto. La Trasfigurazione è essenzialmente legata alla Risurrezione. Ecco cosa ci rivela il brano di questa Domenica: la nostra vita è un cammino di costruzione di sé, di cambiamento di forma, di passaggio ad un’esistenza piena. Come può avvenire tutto questo? Attraverso l’ascolto del Vangelo. Vivendo il quotidiano nella logica del Vangelo, la vita sboccia perché illuminata dalla luce di Dio. La Trasfigurazione è dunque importante perché ci racconta quale sia la nostra vera natura, la nostra vera vocazione. Rivela quale sia l’identità più profonda del discepolo. Siamo chiamati ad essere molto altro rispetto a quello che siamo o pensiamo. Se si vive il Vangelo, si fa esperienza autentica del Risorto, sperimentando la propria esistenza risorta. Certamente è peculiare l’annotazione dell’evangelista, che colloca l’episodio all’ottavo giorno, la domenica, giorno della Risurrezione e quindi non soltanto il punto di arrivo dell’uomo e della sua storia, ma già il suo presente. È l’oggi di Dio al quale tutti gli uomini rivolgono, stupiti, il loro sguardo. Questo il motivo dell’esclamazione di Pietro: «è bello» (9, 33). È bello vivere così, è bello sapere che la vita, attraverso il bene, si trasforma in ciò che è chiamata ad essere, è bello sapere che non sta procedendo verso la fine, ma verso il fine, cioè il proprio compimento. Pietro vuole “catturare” quel momento, fermare quel momento. La vita però non può fermarsi; essa è dinamismo, è cammino. In risposta alla domanda di Pietro, è la nube a diventare tenda. Già nel Primo Testamento (cfr. Es 24, 15-18; 40-34s) essa è segno di una presenza del tutto particolare del Signore e chi ne viene avvolto è introdotto al Mistero. È oscurità perché infinitamente oltre rispetto a ciò che di lui possiamo dire. Ecco l’intervento di Dio: nell’ascolto di Gesù, diveniamo, come lui, ascoltatori del Padre. Il comando di Dio ad ascoltare la Parola diventa pertanto la nuova legge che, sempre sul Monte, consegna all’uomo. In Gesù, nuovo Mosè, la Parola definitiva di Dio diviene visibile. Scomparsa la luce e, con essa, Mosè ed Elia, la Legge e i Profeti, - annota l’evangelista Luca – «restò Gesù solo» (9,36). In Gesù trasfigurato sul Monte si prefigura lo sfigurato del Calvario, è il Profeta definitivo incamminato verso la croce. È lui l’unica via da seguire, lui l’unica Parola da ascoltare. Solo così la nostra esistenza, già da ora, si apre a Dio, riceve novità, pienezza, compimento. Soltanto in lui, sperimentiamo la certezza della Risurrezione.