Qui troviamo il primo vero antidoto per disinnescare il buio grigiore che ci avvolge in quest’attesa: la luce. Giovanni infatti rende testimonianza non alla grandezza o alla potenza di Dio, ma alla luce. È qui che fiorisce la bellezza del Vangelo, nella certezza che il rapporto con Dio crea nell'uomo e nella storia un’opportunità nuova, instaura un movimento ascensionale verso una vita più luminosa. Il Battista ci ricorda che il mondo si regge su un principio di luce che si avvia quando, proprio nei momenti oscuri che ci circondano, abbiamo il coraggio di fissare lo sguardo sull’aurora che anticipa il mattino ormai prossimo, un primo bagliore che ci può apparire fugace ma che sarà certamente vittorioso.
Da ciò scaturisce il secondo grande invito del Vangelo di oggi: questa luce si può cogliere solo nella verità. È il passaggio complesso e cruciale che ci è richiesto oggi: essere capaci di mostrarci nudi e veri davanti a Dio. Infatti ciò che più colpisce del dialogo fra Giovanni e i sacerdoti risiede nel suo atteggiamento e nelle sue risposte: si definisce per sottrazione, sa perfettamente ciò che non è. Questa è la condizione necessaria per compiere un cammino autentico di costante conversione: avere il coraggio di dire a noi e a Dio la verità di noi stessi. Quel “Non sono” di Giovanni, ripetuto tre volte, smaschera le nostre piccole grandi menzogne, la nostra pretesa di porci al di sopra degli altri e, peggio ancora, al di sopra di quello che nel nostro profondo sappiamo di essere. Questa consapevolezza non solo ci può aprire a fare genuina esperienza di Dio, ma anche a palesarla nella verità della nostra vita a chi ci incontra.
Sta tutta qui la radicalità della testimonianza che coraggiosamente Giovanni avanza e che noi possiamo provare ad imitare, terzo e ultimo spunto che colgo da questo Vangelo. Come sappiamo il Vangelo di Giovanni è attraversato da un lungo “processo a Gesù” ed il Battista è presentato come la sua più strenua e autorevole voce di difesa. Questo processo travalica la storia e ci coinvolge profondamente: l’intera comunità cristiana è chiamata ad essere testimone dalla parte di Gesù, proprio quando l’“Accusato” è attaccato e apparentemente senza protezione, quando nessuno sembra volerlo più difendere, quando le circostanze distolgono da ogni domanda su di Lui, in questo periodo complesso più che mai. Probabilmente San Francesco in questa situazione, nella nostra contingente difficoltà avrebbe urlato: “Perfetta letizia”! Spogliarsi di tutto, ridursi ai minimi termini ci riporta all’essenziale della nostra vita: il nostro bisogno di Dio e la certezza di trovare in Lui quella mano tesa che sola ci apre alla verità e alla gioia. Non siamo né più di quel crediamo né il fallimento che temiamo di essere: siamo figli attesi che attendono a loro volta.
Anche a tutti noi, credenti, è affidato il ministero profetico del Battista: testimoniare la speranza in un Dio innamorato di noi. Siamo anche noi questa voce solitaria che nel deserto annuncia il sole che sta per sorgere! Risuoni in noi sempre l’invito di Paolo nella seconda lettura (1 Tes 5) ad essere lieti, a pregare incessantemente e a predisporre tutta la nostra umanità all’incontro con Cristo; non è affatto banale che queste parole ci siano offerte in una delle letture brevi della compieta (il giovedì): all’imbrunire, offrire a Dio in letizia tutto quel che siamo, nella rassicurante serenità di ben riporre la nostra fiducia.
Con la venuta ormai prossima di Gesù nasca anche in noi questa certezza, che diventa sempre più nostra nella misura in cui viene partecipata e annunciata: questo nostro continuo rimando a Cristo permetterà alla forza di questa gioia di non venir mai meno.
Giuseppe Alberto Cassano, IV anno
Arcidiocesi di Trani-Barletta-Bisceglie
g.cassano86@gmail.com
Is 61,1-2.10-11
Lc 1
1Ts 5,16-24
Gv 1,6-8.19-28
Pausa! Fermiamoci un attimo: il cammino ha ormai quasi raggiunto la sua meta, i colori si attenuano ed iniziano ad imbiancarsi anche nella liturgia. Le letture di questa domenica ci chiedono di sederci un attimo per prendere consapevolezza, ancor più intensamente, della grandezza del mistero che stiamo per celebrare. Ci fermiamo un attimo e ci accorgiamo però di tutto ciò di cui questo periodo anomalo ci sta privando: dei familiari a tavola durante le feste, dei figli lontani che forse non riusciranno a tornare, delle difficoltà economiche acuite dalla pandemia. E per la nostra comunità del seminario anche della festa dei ministeri che per la seconda volta di fila troverà un “rinviato” al posto dei biglietti di invito. A tutte queste situazioni, in tutta questa precarietà si estende l’invito alla gioia: “Gaudete”, figli di Dio. La venuta di Cristo è ormai prossima, più vera che mai, più attesa che mai.
Tutta la liturgia della parola di questa III domenica d’avvento è un accorato invito alla gioia, quella autentica che si fonda sulle cose che restano e non su quelle che affiorano e passano lasciando una scia di profumo effimero. Il primo passo di questo viaggio inizia fin dal profeta Isaia, che lieto indossa gli abiti del giorno di festa nell’annuncio dell’anno di grazia e di liberazione (Is 61,1-10); Dio non ci dimentica, tutt’altro: si prende cura di noi fino a liberarci dalle schiavitù da cui più o meno consapevolmente siamo imprigionati. Gli fa eco il grande protagonista del vangelo di oggi, il Battista, il grande profeta e testimone del Figlio di Dio.
Qui troviamo il primo vero antidoto per disinnescare il buio grigiore che ci avvolge in quest’attesa: la luce. Giovanni infatti rende testimonianza non alla grandezza o alla potenza di Dio, ma alla luce. È qui che fiorisce la bellezza del Vangelo, nella certezza che il rapporto con Dio crea nell'uomo e nella storia un’opportunità nuova, instaura un movimento ascensionale verso una vita più luminosa. Il Battista ci ricorda che il mondo si regge su un principio di luce che si avvia quando, proprio nei momenti oscuri che ci circondano, abbiamo il coraggio di fissare lo sguardo sull’aurora che anticipa il mattino ormai prossimo, un primo bagliore che ci può apparire fugace ma che sarà certamente vittorioso.
Da ciò scaturisce il secondo grande invito del Vangelo di oggi: questa luce si può cogliere solo nella verità. È il passaggio complesso e cruciale che ci è richiesto oggi: essere capaci di mostrarci nudi e veri davanti a Dio. Infatti ciò che più colpisce del dialogo fra Giovanni e i sacerdoti risiede nel suo atteggiamento e nelle sue risposte: si definisce per sottrazione, sa perfettamente ciò che non è. Questa è la condizione necessaria per compiere un cammino autentico di costante conversione: avere il coraggio di dire a noi e a Dio la verità di noi stessi. Quel “Non sono” di Giovanni, ripetuto tre volte, smaschera le nostre piccole grandi menzogne, la nostra pretesa di porci al di sopra degli altri e, peggio ancora, al di sopra di quello che nel nostro profondo sappiamo di essere. Questa consapevolezza non solo ci può aprire a fare genuina esperienza di Dio, ma anche a palesarla nella verità della nostra vita a chi ci incontra.
Sta tutta qui la radicalità della testimonianza che coraggiosamente Giovanni avanza e che noi possiamo provare ad imitare, terzo e ultimo spunto che colgo da questo Vangelo. Come sappiamo il Vangelo di Giovanni è attraversato da un lungo “processo a Gesù” ed il Battista è presentato come la sua più strenua e autorevole voce di difesa. Questo processo travalica la storia e ci coinvolge profondamente: l’intera comunità cristiana è chiamata ad essere testimone dalla parte di Gesù, proprio quando l’“Accusato” è attaccato e apparentemente senza protezione, quando nessuno sembra volerlo più difendere, quando le circostanze distolgono da ogni domanda su di Lui, in questo periodo complesso più che mai. Probabilmente San Francesco in questa situazione, nella nostra contingente difficoltà avrebbe urlato: “Perfetta letizia”! Spogliarsi di tutto, ridursi ai minimi termini ci riporta all’essenziale della nostra vita: il nostro bisogno di Dio e la certezza di trovare in Lui quella mano tesa che sola ci apre alla verità e alla gioia. Non siamo né più di quel crediamo né il fallimento che temiamo di essere: siamo figli attesi che attendono a loro volta.
Anche a tutti noi, credenti, è affidato il ministero profetico del Battista: testimoniare la speranza in un Dio innamorato di noi. Siamo anche noi questa voce solitaria che nel deserto annuncia il sole che sta per sorgere! Risuoni in noi sempre l’invito di Paolo nella seconda lettura (1 Tes 5) ad essere lieti, a pregare incessantemente e a predisporre tutta la nostra umanità all’incontro con Cristo; non è affatto banale che queste parole ci siano offerte in una delle letture brevi della compieta (il giovedì): all’imbrunire, offrire a Dio in letizia tutto quel che siamo, nella rassicurante serenità di ben riporre la nostra fiducia.
Con la venuta ormai prossima di Gesù nasca anche in noi questa certezza, che diventa sempre più nostra nella misura in cui viene partecipata e annunciata: questo nostro continuo rimando a Cristo permetterà alla forza di questa gioia di non venir mai meno.
Giuseppe Alberto Cassano, IV anno
Arcidiocesi di Trani-Barletta-Bisceglie
g.cassano86@gmail.com
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