Testi della Liturgia della Parola
1Sam 16,1.4.6-7.10-13
Sal 22
Ef 5,8-14
Gv 9,1-41
Il vangelo che la liturgia ci consegna in questa IV Domenica di Quaresima, parla dello sguardo di Gesù che si posa su di un uomo cieco dalla nascita guarisce dalla sua cecità. Tutto il brano ha come tema principale la luce.
Anche se il personaggio che attira di più l’attenzione è l’uomo cieco, soffermiamoci, innanzitutto, su due quesiti importanti che emergono dal dialogo tra Gesù e i suoi discepoli: Chi è il giorno? Quando è notte?
Gesù è il nostro giorno, solo in lui abbiamo la possibilità di vedere: ciascuno di noi è cieco fin dalla nascita, siamo accomunati da una cecità interiore, dalla tenebra che ci trattiene nel non-senso. Solo Cristo è in grado di sollevarci dalla tenebra, non per nostra iniziativa, ma perché è Lui che ci vede e ci dona occhi nuovi per vederci con il suo stesso sguardo.
Sollevati dalla polvere della nostra cecità, Gesù ci invia: il nome della piscina alla quale è inviato il cieco nato, Sìloe, significa proprio inviato.
Di conseguenza, è notte ogni volta che il nostro fare si discosta dall’essere in linea con il suo insegnamento. Siamo bravi nell’arte della notte, siamo maestri e lo siamo stati fino al punto di vendere Gesù e farlo morire in croce. Anche questa nostra esagerazione, però, è stato redenta: la Sua notte in croce è la luce che ci illumina tutti.
I Giudei, constatando l’accaduto, non credono all’evento miracoloso. All’ennesima domanda sull’evento miracoloso, il miracolato esordisce con un assenso di fede: prima era cieco, ora ci vede e questo gli basta per credere che Gesù sia il Figlio dell’uomo! Nell’uomo che ora vede c’è gioia e stupore, c’è incredulità e responsabilità; c’è la consapevolezza di essere il destinatario di un messaggio di libertà che non può tenere per sé, ma che deve annunciare. Il nostro annuncio di inviati porta frutto solo se portiamo il punto di vista di Dio sulle vite dei fratelli, e non il nostro. Lo sguardo del Signore irradia luce; solo il suo modo di vedere le nostre vicende quotidiane, getta fasci luminosi e dona libertà e responsabilità.
L’ex-cieco, dopo essere stato interrogato più volte, viene cacciato fuori dalla presenza dei capi e, incontra nuovamente il Signore.
Il nuovo vedente rincontra Gesù nell’esperienza dell’esilio. Viene cacciato fuori e, nell’espulsione, incontra Dio.
Spesso sentiamo dire che il Signore si fa presente soprattutto nei momenti bui, quando si destabilizza la nostra quiete, ma ciò a volte rimane solo una credenza ideale. Quando, invece, ci troviamo veramente in situazioni di esilio, chiediamo a Dio dov’è, il perché del nostro soffrire ed è normale, è umano. Insieme a queste domande, però, è necessaria la fede in lui.
Altre volte veniamo messi alla porta per via del nostro comportamento, quando – come Giuda – siamo noi la notte; quando non agiamo in linea con il disegno di amore del Padre.
In queste nostre tappe oscure della vita, sorge sempre, però, una luce: qualsiasi sia il motivo del nostro sbaglio e qualunque sia il luogo da cui veniamo cacciati, il Signore è lì ad attenderci e a trarre dalla notte il giorno, dalle tenebre la luce. È questo il motivo per cui, insieme al Preconio Pasquale, possiamo esultare di gioia, benedicendo la felice colpa che meritò un così grande redentore.
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Sal 22
Ef 5,8-14
Gv 9,1-41
Il vangelo che la liturgia ci consegna in questa IV Domenica di Quaresima, parla dello sguardo di Gesù che si posa su di un uomo cieco dalla nascita guarisce dalla sua cecità. Tutto il brano ha come tema principale la luce.
Anche se il personaggio che attira di più l’attenzione è l’uomo cieco, soffermiamoci, innanzitutto, su due quesiti importanti che emergono dal dialogo tra Gesù e i suoi discepoli: Chi è il giorno? Quando è notte?
Gesù è il nostro giorno, solo in lui abbiamo la possibilità di vedere: ciascuno di noi è cieco fin dalla nascita, siamo accomunati da una cecità interiore, dalla tenebra che ci trattiene nel non-senso. Solo Cristo è in grado di sollevarci dalla tenebra, non per nostra iniziativa, ma perché è Lui che ci vede e ci dona occhi nuovi per vederci con il suo stesso sguardo.
Sollevati dalla polvere della nostra cecità, Gesù ci invia: il nome della piscina alla quale è inviato il cieco nato, Sìloe, significa proprio inviato.
Di conseguenza, è notte ogni volta che il nostro fare si discosta dall’essere in linea con il suo insegnamento. Siamo bravi nell’arte della notte, siamo maestri e lo siamo stati fino al punto di vendere Gesù e farlo morire in croce. Anche questa nostra esagerazione, però, è stato redenta: la Sua notte in croce è la luce che ci illumina tutti.
I Giudei, constatando l’accaduto, non credono all’evento miracoloso. All’ennesima domanda sull’evento miracoloso, il miracolato esordisce con un assenso di fede: prima era cieco, ora ci vede e questo gli basta per credere che Gesù sia il Figlio dell’uomo! Nell’uomo che ora vede c’è gioia e stupore, c’è incredulità e responsabilità; c’è la consapevolezza di essere il destinatario di un messaggio di libertà che non può tenere per sé, ma che deve annunciare. Il nostro annuncio di inviati porta frutto solo se portiamo il punto di vista di Dio sulle vite dei fratelli, e non il nostro. Lo sguardo del Signore irradia luce; solo il suo modo di vedere le nostre vicende quotidiane, getta fasci luminosi e dona libertà e responsabilità.
L’ex-cieco, dopo essere stato interrogato più volte, viene cacciato fuori dalla presenza dei capi e, incontra nuovamente il Signore.
Il nuovo vedente rincontra Gesù nell’esperienza dell’esilio. Viene cacciato fuori e, nell’espulsione, incontra Dio.
Spesso sentiamo dire che il Signore si fa presente soprattutto nei momenti bui, quando si destabilizza la nostra quiete, ma ciò a volte rimane solo una credenza ideale. Quando, invece, ci troviamo veramente in situazioni di esilio, chiediamo a Dio dov’è, il perché del nostro soffrire ed è normale, è umano. Insieme a queste domande, però, è necessaria la fede in lui.
Altre volte veniamo messi alla porta per via del nostro comportamento, quando – come Giuda – siamo noi la notte; quando non agiamo in linea con il disegno di amore del Padre.
In queste nostre tappe oscure della vita, sorge sempre, però, una luce: qualsiasi sia il motivo del nostro sbaglio e qualunque sia il luogo da cui veniamo cacciati, il Signore è lì ad attenderci e a trarre dalla notte il giorno, dalle tenebre la luce. È questo il motivo per cui, insieme al Preconio Pasquale, possiamo esultare di gioia, benedicendo la felice colpa che meritò un così grande redentore.
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