La parola di Dio raggiunge la paura di Giuseppe rivelandogli un grande mistero: dentro quell’inspiegabile ventre rigonfio di vita si cela il compimento del sogno che Dio «aveva promesso per mezzo dei suoi profeti nelle sacre Scritture e che riguarda il Figlio suo, nato dal seme di Davide secondo la carne, costituito Figlio di Dio con potenza, secondo lo Spirito di santità» (Rm 1,2-4). Giuseppe non ci crede ma essendo uomo poco soggetto all'istintività si prende, forse come era solito fare, un tempo di sospensione. Cioè decide di non fare accuse pubbliche nei confronti di Maria. Il fatto che temporeggi sulle decisioni fattive è segno di grande saggezza. La voce dell’angelo gli lascia intuire che Dio non lo ha abbandonato, ma gli ha solo rivolto una singolare «chiamata», lo ha «scelto per annunciare il vangelo di Dio» (1,1) attraverso l’accoglienza di un figlio non suo, ma in qualche modo generato dalle sue stesse viscere: «Tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati» (Mt 1,21).
Per Giuseppe il sonno e il sogno sono sufficienti per disobbedire a qualsiasi paura di accogliere e assumere la realtà fino a diventarne premuroso custode: «Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa» (Mt 1,24).Guardando l’esperienza singolare, eppure paradigmatica, di Giuseppe, possiamo ricordarci che è possibile “sposare” la realtà in cui ci troviamo immersi, prendendola con noi così com’è e non come poteva essere: con i suoi traguardi raggiunti e i suoi fallimenti, le sue luci e le sue ombre. Il regno di Dio entra nella storia rompendo gli schemi a cui ci siamo affezionati e allargando gli argini del nostro cuore. Guardando allo sposo della Vergine, possiamo imparare a riconoscere in ogni situazione il «segno» (Is 7,14) di una meravigliosa chiamata, fino a comprendere che quello che manca, in fondo, lo possiamo aggiungere noi. Così è «giusto» fare, umilmente, con l’aiuto di Dio. Così «fu»; così è «generato» sempre «Gesù Cristo».
Andrea Perrini, V anno
Diocesi di Castellaneta
La parola di Dio raggiunge la paura di Giuseppe rivelandogli un grande mistero: dentro quell’inspiegabile ventre rigonfio di vita si cela il compimento del sogno che Dio «aveva promesso per mezzo dei suoi profeti nelle sacre Scritture e che riguarda il Figlio suo, nato dal seme di Davide secondo la carne, costituito Figlio di Dio con potenza, secondo lo Spirito di santità» (Rm 1,2-4). Giuseppe non ci crede ma essendo uomo poco soggetto all'istintività si prende, forse come era solito fare, un tempo di sospensione. Cioè decide di non fare accuse pubbliche nei confronti di Maria. Il fatto che temporeggi sulle decisioni fattive è segno di grande saggezza. La voce dell’angelo gli lascia intuire che Dio non lo ha abbandonato, ma gli ha solo rivolto una singolare «chiamata», lo ha «scelto per annunciare il vangelo di Dio» (1,1) attraverso l’accoglienza di un figlio non suo, ma in qualche modo generato dalle sue stesse viscere: «Tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati» (Mt 1,21).
Per Giuseppe il sonno e il sogno sono sufficienti per disobbedire a qualsiasi paura di accogliere e assumere la realtà fino a diventarne premuroso custode: «Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa» (Mt 1,24).Guardando l’esperienza singolare, eppure paradigmatica, di Giuseppe, possiamo ricordarci che è possibile “sposare” la realtà in cui ci troviamo immersi, prendendola con noi così com’è e non come poteva essere: con i suoi traguardi raggiunti e i suoi fallimenti, le sue luci e le sue ombre. Il regno di Dio entra nella storia rompendo gli schemi a cui ci siamo affezionati e allargando gli argini del nostro cuore. Guardando allo sposo della Vergine, possiamo imparare a riconoscere in ogni situazione il «segno» (Is 7,14) di una meravigliosa chiamata, fino a comprendere che quello che manca, in fondo, lo possiamo aggiungere noi. Così è «giusto» fare, umilmente, con l’aiuto di Dio. Così «fu»; così è «generato» sempre «Gesù Cristo».
Andrea Perrini, V anno
Diocesi di Castellaneta
Post correlati
“Pratàlea”. Oasi di Spiritualità
Leggi più...
Dumenza: preghiera, fraternità e bellezza
Leggi più...
Sorgenti di Luce – L’arte della buona battaglia
Leggi più...