Testi della Liturgia della Parola
Gl 2,12-18
Sal 50
2 Cor 5,20-6,2
Mt 6,1-6.16-18
Quello che maggiormente ci segna, nella vita, accade nello spazio prezioso dell’intimità. Nel silenzio di una stanza, in un angolo appartato del cuore, nella particolarità di una relazione che, ai nostri occhi, è diversa da tutte le altre: quella parola, quell’azione rimbombano, come una eco, ci riempiono, fino a farci tremare e, cristallizzandosi nella memoria, vanno ad occupare, dentro di noi, un posto tutto speciale.
L’intimità custodisce la purezza delle cose, le rivela nella loro autenticità, senza maschere. Non è necessario fingere, o dimostrare con fatica di essere all’altezza di qualcosa, perché, agli occhi di chi ci ama, andiamo bene così. Sentiamo addosso uno sguardo che ci conosce nel profondo, ci si scambia parole che si scrivono sul cuore.
La maturità a cui il Signore desidera giunga la nostra relazione con il Padre, è proprio questa: quella della gratuità nascosta, che non prevede alcun tornaconto personale, ma ricompensa l’uomo dell’abbondanza che viene dallo stare con Lui. Il Signore desidera, ancora una volta, orientarci a quello che nella vita conta, ovvero sentire su di noi gli occhi benevoli del Dio che vede nel segreto.
Egli ci esorta ad essere totalmente liberi, prendendo audacemente le distanze dai miseri teatrini dell’ipocrisia, che ci rendono ridicoli per lo scroscio di un applauso, svuotando, tuttavia, ogni intenzione, gesto o parola del suo senso profondo. Questo è, infatti, l’amaro prezzo e la lauta ricompensa dei narcisisti.
Gesù, inoltre, non ci chiede di estraniarci dal mondo, rinchiudendoci in chissà quali claustrofobiche forme di intimismo, ma ci sprona a ripartire dal rapporto frontale con il Padre, per poterci accostare, poi, con sincerità di spirito, ai fratelli che mette sulla nostra strada. Le persone, le cose, le situazioni sono davvero amate nella misura in cui si impara a guardare la realtà con gli occhi stessi di Dio. In questo modo, digiuno, preghiera, elemosina a cui Cristo fa riferimento ritrovano il proprio significato: gesti concreti che esprimono l’identità dell’uomo di figlio di Dio.
La Quaresima è il tempo prezioso nel quale riscoprirsi coinvolti in questa relazione vitale. È un cammino che guida a riconsiderare la scala delle priorità, è l’occasione di tornare a sentirsi mancanti, semplici e poveri come la polvere che ci viene cosparsa sul capo. Ci spoglia, giorno dopo giorno, per giungere, ricchi nel cuore solo dell’essenziale, a celebrare i misteri della Pasqua di Cristo, contemplando il Figlio che, in obbedienza al Padre e per la salvezza degli uomini, incarna radicalmente l’Amore nell’abbraccio spalancato della croce e, risorgendo, vince la morte e rinnova la vita.
É la possibilità di ritornare in quella stanza che troppo stesso abbandoniamo, chiudere con il chiavistello la porta, e, alzando gli occhi, incrociare lo sguardo di un Padre che, teneramente, da tempo ci stava aspettando. E sorride.
Testi della Liturgia della Parola
Gl 2,12-18
Sal 50
2 Cor 5,20-6,2
Mt 6,1-6.16-18
Quello che maggiormente ci segna, nella vita, accade nello spazio prezioso dell’intimità. Nel silenzio di una stanza, in un angolo appartato del cuore, nella particolarità di una relazione che, ai nostri occhi, è diversa da tutte le altre: quella parola, quell’azione rimbombano, come una eco, ci riempiono, fino a farci tremare e, cristallizzandosi nella memoria, vanno ad occupare, dentro di noi, un posto tutto speciale.
L’intimità custodisce la purezza delle cose, le rivela nella loro autenticità, senza maschere. Non è necessario fingere, o dimostrare con fatica di essere all’altezza di qualcosa, perché, agli occhi di chi ci ama, andiamo bene così. Sentiamo addosso uno sguardo che ci conosce nel profondo, ci si scambia parole che si scrivono sul cuore.
La maturità a cui il Signore desidera giunga la nostra relazione con il Padre, è proprio questa: quella della gratuità nascosta, che non prevede alcun tornaconto personale, ma ricompensa l’uomo dell’abbondanza che viene dallo stare con Lui. Il Signore desidera, ancora una volta, orientarci a quello che nella vita conta, ovvero sentire su di noi gli occhi benevoli del Dio che vede nel segreto.
Egli ci esorta ad essere totalmente liberi, prendendo audacemente le distanze dai miseri teatrini dell’ipocrisia, che ci rendono ridicoli per lo scroscio di un applauso, svuotando, tuttavia, ogni intenzione, gesto o parola del suo senso profondo. Questo è, infatti, l’amaro prezzo e la lauta ricompensa dei narcisisti.
Gesù, inoltre, non ci chiede di estraniarci dal mondo, rinchiudendoci in chissà quali claustrofobiche forme di intimismo, ma ci sprona a ripartire dal rapporto frontale con il Padre, per poterci accostare, poi, con sincerità di spirito, ai fratelli che mette sulla nostra strada. Le persone, le cose, le situazioni sono davvero amate nella misura in cui si impara a guardare la realtà con gli occhi stessi di Dio. In questo modo, digiuno, preghiera, elemosina a cui Cristo fa riferimento ritrovano il proprio significato: gesti concreti che esprimono l’identità dell’uomo di figlio di Dio.
La Quaresima è il tempo prezioso nel quale riscoprirsi coinvolti in questa relazione vitale. È un cammino che guida a riconsiderare la scala delle priorità, è l’occasione di tornare a sentirsi mancanti, semplici e poveri come la polvere che ci viene cosparsa sul capo. Ci spoglia, giorno dopo giorno, per giungere, ricchi nel cuore solo dell’essenziale, a celebrare i misteri della Pasqua di Cristo, contemplando il Figlio che, in obbedienza al Padre e per la salvezza degli uomini, incarna radicalmente l’Amore nell’abbraccio spalancato della croce e, risorgendo, vince la morte e rinnova la vita.
É la possibilità di ritornare in quella stanza che troppo stesso abbandoniamo, chiudere con il chiavistello la porta, e, alzando gli occhi, incrociare lo sguardo di un Padre che, teneramente, da tempo ci stava aspettando. E sorride.
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