Testi della Liturgia della Parola
Dt 8,2-3.14-16
Sal 147
1Cor 10,16-17
Gv 6,51-58
In questo intrigato dibattito presentato nel sesto capitolo del Vangelo secondo Giovanni sono coinvolti: la folla, i Giudei e Gesù. È l’incredulità la protagonista di questo acceso dialogo che si manifesta con una serie di domande che hanno per un verso il sapore di una curiosità interessata. E questo è il caso della folla che pur non comprendendo pienamente il senso delle risposte di Gesù, alla fine trova in questo “pane” qualcosa di importante per la loro vita da farne espressamente richiesta «Signore dacci sempre questo pane». (Gv 6,34).
Per l’altro verso, troviamo le domande poste dai Giudei che hanno per lo più l’intenzione di confutare le risposte di Gesù, perché queste sono fuori dalla loro visione. Infatti i Giudei iniziano a mormorare e a dire: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: sono disceso dal cielo?”» (Gv 6,42). Ma Gesù non si affanna a ricercare una spiegazione che possa soddisfare tutti, anzi nella sua argomentazione va sempre più nel concreto fino a parlare di carne e sangue, decretando la fine di ogni possibile ragionamento logico e portando i Giudei ad un’aspra discussione che genera altre domande: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?» (Gv 6,52). Non è una condanna verso chi è incapace di abbandonare le redini della ragione-religiosa per fare il salto delle fede, Gesù non è venuto a condannare, ma a dare la vita. Ma Gesù rivela che la vita viene proprio dalla sua stessa umanità. Perciò non ci sono argomentazioni più “addomesticate” per chi crede che non possa esserci origine divina in colui che altri non è che un uomo.
La risposta viene dall’umanità, dalla carne e dal sangue. L’aporia diviene massima quando, presentato come un uomo, muore con la carne a brandelli, perdendo il suo sangue di uomo. È questa la risposta che attraversa ogni domanda di incredulità. Anche la solennità del corpus Domini che festeggiamo oggi è decisamente rivestita di tante domande di incredulità, per questo dobbiamo lasciarle attraversare da questo grande mistero che vede il nostro Dio scegliere sempre la concretezza come quella del pane e del vino per essere sempre con noi e per dirci che la nostra relazione con lui è semplice e vitale come un nutrimento.
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Dt 8,2-3.14-16
Sal 147
1Cor 10,16-17
Gv 6,51-58
In questo intrigato dibattito presentato nel sesto capitolo del Vangelo secondo Giovanni sono coinvolti: la folla, i Giudei e Gesù. È l’incredulità la protagonista di questo acceso dialogo che si manifesta con una serie di domande che hanno per un verso il sapore di una curiosità interessata. E questo è il caso della folla che pur non comprendendo pienamente il senso delle risposte di Gesù, alla fine trova in questo “pane” qualcosa di importante per la loro vita da farne espressamente richiesta «Signore dacci sempre questo pane». (Gv 6,34).
Per l’altro verso, troviamo le domande poste dai Giudei che hanno per lo più l’intenzione di confutare le risposte di Gesù, perché queste sono fuori dalla loro visione. Infatti i Giudei iniziano a mormorare e a dire: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: sono disceso dal cielo?”» (Gv 6,42). Ma Gesù non si affanna a ricercare una spiegazione che possa soddisfare tutti, anzi nella sua argomentazione va sempre più nel concreto fino a parlare di carne e sangue, decretando la fine di ogni possibile ragionamento logico e portando i Giudei ad un’aspra discussione che genera altre domande: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?» (Gv 6,52). Non è una condanna verso chi è incapace di abbandonare le redini della ragione-religiosa per fare il salto delle fede, Gesù non è venuto a condannare, ma a dare la vita. Ma Gesù rivela che la vita viene proprio dalla sua stessa umanità. Perciò non ci sono argomentazioni più “addomesticate” per chi crede che non possa esserci origine divina in colui che altri non è che un uomo.
La risposta viene dall’umanità, dalla carne e dal sangue. L’aporia diviene massima quando, presentato come un uomo, muore con la carne a brandelli, perdendo il suo sangue di uomo. È questa la risposta che attraversa ogni domanda di incredulità. Anche la solennità del corpus Domini che festeggiamo oggi è decisamente rivestita di tante domande di incredulità, per questo dobbiamo lasciarle attraversare da questo grande mistero che vede il nostro Dio scegliere sempre la concretezza come quella del pane e del vino per essere sempre con noi e per dirci che la nostra relazione con lui è semplice e vitale come un nutrimento.
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