Testi della Liturgia della Parola
At 6,1-7
Sal 32
1Pt 2,4-9
Gv 14,1-12
Il Vangelo di questa domenica è preceduto nella Prima Lettura dal brano degli Atti degli Apostoli in cui è riportato un episodio che coinvolge i discepoli nell’organizzazione degli incarichi all’interno della comunità. Tutti hanno un compito ben preciso, un posto ben delineato affinché ogni cosa sia per il bene di tutti: alcuni si dedicano alla preghiera e al servizio della Parola e altri si occupano di servire alle mense. Ognuno è porzione di un unico impasto. Tutti hanno il posto buono che sostiene la vita dell’altro. È il Regno di Dio che si manifesta, una Parola che s’incarna e come lievito fa fiorire l’esistenza.
Qual è il nostro posto oggi? Siamo fermi su una terra sfaldata dalle incertezze, la vita è impastata con lacrime di sofferenza, di malattia, in un tempo strambo e ci manca il sostegno/fuoco delle vive relazioni, l’aria buona che fermenta la vita, sospesi su tanti interrogativi per il futuro. Eppure il Vangelo di Giovanni apre un orizzonte rassicurante: Non sia turbato il vostro cuore, abbiate fiducia in me, dice Gesù. Io sono la via, la verità e la vita. Chi dimora in me ha la vita eterna.
La Parola è chiara ma cosa dobbiamo fare concretamente?
Filippo in questo brano è icona del dubbio umano: Se dici di essere ciò che sei, dacci la soluzione. Mostraci il Padre. Egli rappresenta l’uomo del ‘tutto e subito’ manifesto in ognuno di noi: uomini concreti, lavoratori ‘col posto sicuro’, intagliatori di trame rassicuranti. Con Gesù non funziona così. Infatti Egli dice che è la via per raggiungere il fine, una via che bisogna percorrere, un cammino che richiede una vicinanza, lo stare insieme, un desiderio di conoscenza. Bisogna stare con Gesù, masticare il pane buono della Parola, far soffiare la sua presenza nell’intimo della preghiera.
È vero, per ora non potremo nutrirci del Corpo di Cristo nell’Eucarestia e dei Sacramenti come vorremmo ma i nostri giorni possono essere intrisi della Sua Presenza se dilatiamo il nostro cuore alla Parola. Essa oggi ci chiama alla conoscenza del Padre. La visione del Padre richiede cuori semplici, quello di un figlio che si fida ciecamente e quello innamorato di una madre. Chi vede Gesù, vede Dio. «Egli è immagine di Dio» (2 Cor 4,4), il volto visibile del Dio invisibile. Gesù proclama questa relazione immanente: Egli è abitato dall’amore del Padre, è Lui il volto di Dio e in Lui si esplicita la bontà immensa, il Signore paziente e misericordioso, lento all’ira e buono verso tutti (cfr. Salmo 144).
Dio non è frutto di sillogismi, la relazione con Lui non può avvenire con il pensiero astratto e neanche con la ragione. È una relazione che si staglia nel solco dell’esistenza, nella storia di tutti i giorni, nella stessa strada percorsa da Gesù duemila anni fa e che continua e percorre con noi: solo chi sceglie questa via con Gesù trova il posto preparato per lui. In questo cammino s’irradia la luce del Padre, che nella sua grande fecondità creativa, apre spazi che hanno come unica assicurazione per la vita il suo amore immenso ed eterno. Egli prepara un posto nel presente e proietta la sua direzione su un futuro luminoso che assapora la gioia dell’abbandono nel cuore del Padre. Qualunque sia la vicenda umana, anche la più disperata, avvelenata da virus sconosciuti, perché essa comunque cammina verso il Regno di un Dio che non ci abbandona mai.
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At 6,1-7
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1Pt 2,4-9
Gv 14,1-12
Il Vangelo di questa domenica è preceduto nella Prima Lettura dal brano degli Atti degli Apostoli in cui è riportato un episodio che coinvolge i discepoli nell’organizzazione degli incarichi all’interno della comunità. Tutti hanno un compito ben preciso, un posto ben delineato affinché ogni cosa sia per il bene di tutti: alcuni si dedicano alla preghiera e al servizio della Parola e altri si occupano di servire alle mense. Ognuno è porzione di un unico impasto. Tutti hanno il posto buono che sostiene la vita dell’altro. È il Regno di Dio che si manifesta, una Parola che s’incarna e come lievito fa fiorire l’esistenza.
Qual è il nostro posto oggi? Siamo fermi su una terra sfaldata dalle incertezze, la vita è impastata con lacrime di sofferenza, di malattia, in un tempo strambo e ci manca il sostegno/fuoco delle vive relazioni, l’aria buona che fermenta la vita, sospesi su tanti interrogativi per il futuro. Eppure il Vangelo di Giovanni apre un orizzonte rassicurante: Non sia turbato il vostro cuore, abbiate fiducia in me, dice Gesù. Io sono la via, la verità e la vita. Chi dimora in me ha la vita eterna.
La Parola è chiara ma cosa dobbiamo fare concretamente?
Filippo in questo brano è icona del dubbio umano: Se dici di essere ciò che sei, dacci la soluzione. Mostraci il Padre. Egli rappresenta l’uomo del ‘tutto e subito’ manifesto in ognuno di noi: uomini concreti, lavoratori ‘col posto sicuro’, intagliatori di trame rassicuranti. Con Gesù non funziona così. Infatti Egli dice che è la via per raggiungere il fine, una via che bisogna percorrere, un cammino che richiede una vicinanza, lo stare insieme, un desiderio di conoscenza. Bisogna stare con Gesù, masticare il pane buono della Parola, far soffiare la sua presenza nell’intimo della preghiera.
È vero, per ora non potremo nutrirci del Corpo di Cristo nell’Eucarestia e dei Sacramenti come vorremmo ma i nostri giorni possono essere intrisi della Sua Presenza se dilatiamo il nostro cuore alla Parola. Essa oggi ci chiama alla conoscenza del Padre. La visione del Padre richiede cuori semplici, quello di un figlio che si fida ciecamente e quello innamorato di una madre. Chi vede Gesù, vede Dio. «Egli è immagine di Dio» (2 Cor 4,4), il volto visibile del Dio invisibile. Gesù proclama questa relazione immanente: Egli è abitato dall’amore del Padre, è Lui il volto di Dio e in Lui si esplicita la bontà immensa, il Signore paziente e misericordioso, lento all’ira e buono verso tutti (cfr. Salmo 144).
Dio non è frutto di sillogismi, la relazione con Lui non può avvenire con il pensiero astratto e neanche con la ragione. È una relazione che si staglia nel solco dell’esistenza, nella storia di tutti i giorni, nella stessa strada percorsa da Gesù duemila anni fa e che continua e percorre con noi: solo chi sceglie questa via con Gesù trova il posto preparato per lui. In questo cammino s’irradia la luce del Padre, che nella sua grande fecondità creativa, apre spazi che hanno come unica assicurazione per la vita il suo amore immenso ed eterno. Egli prepara un posto nel presente e proietta la sua direzione su un futuro luminoso che assapora la gioia dell’abbandono nel cuore del Padre. Qualunque sia la vicenda umana, anche la più disperata, avvelenata da virus sconosciuti, perché essa comunque cammina verso il Regno di un Dio che non ci abbandona mai.
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