Gesù: Via, Verità e Vita.
In questa domenica, la liturgia ci presenta la comunione intima che intercorre tra Gesù e il Padre. Nel Vangelo odierno infatti, Giovanni ci riporta al cuore dell’ultima cena, cioè all’ultima sera della vita terrena di Gesù. In questo contesto di addio, di separazione e di crisi, la prima parola che Gesù rivolge ai suoi discepoli è «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio anche in me». Con queste parole Gesù rassicura e rinsalda la fiducia e i cuori dei suoi discepoli probabilmente agitati, sfiduciati e impauriti e gli chiede di superare lo spavento e di credere in Lui e nel Padre, cioè di aver la fede. Infatti, Giovanni, in un altro passaggio afferma che la vera opera gradita a Dio è la fede (cf. Gv 6,29). Subito dopo l’invito a credere in Lui e nel Padre, Gesù promette ai suoi discepoli che la separazione da loro sarà solo temporanea: «Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi». Ma in realtà, cosa significa preparare il posto per noi? Sarebbe affittare una stanza lassù per ciascuno di noi? Sicuramente no! Secondo Papa Francesco, «preparare il posto è preparare la nostra possibilità di godere, la nostra possibilità di vedere, di sentire, di capire la bellezza di quello che ci aspetta, di quella patria verso la quale noi camminiamo». Questo per noi cristiani è la più grande consolazione: stare un giorno con il Signore, condividere con lui e il Padre un rapporto di intimità. Anche il Salmista ci ricorda, «un giorno nei cortili del Signore vale più che mille altrove; io preferisco stare sulla soglia della casa del mio Dio, che abitare nelle tende degli empi» (cf. Sal 84,10). L’orizzonte di attesa che Gesù apre per i suoi discepoli è chiaro: «nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: Vado a prepararvi un posto». Egli ci assicura non un posto qualunque, non un posto di lavoro né di stabilità economica e di benessere ma invece un posto nel suo regno futuro ed eterno. Gesù crea in qualche modo attesa e speranza nel cuore dei suoi discepoli. La vita cristiana non è quindi un’attesa vana ma è fondata sulla la speranza e la certezza di vivere, un giorno, nella casa del Padre. È questa la speranza che porta Giobbe ad affermare «io credo risorgerò, questo mio corpo verrà il salvatore».
Gesù però conoscendo il cuore dei suoi discepoli sa bene che non basta indicare la meta, ma occorre mostrare anche la strada per raggiungerla. Per questo aggiunge «del luogo dove io vado, conoscete la via». Allora Tommaso chiamato ‘‘Dìdimo’’ cioè gemello che come al solito vuole sapere, toccare per accertarsi chiede a Gesù: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». A questo punto Gesù si fa più esplicito «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me». Con questa triplice autorivelazione, Gesù spiega l’unione intima tra lui e il Padre. Egli è infatti il mediatore personale della salvezza ‘‘la via’’ attraverso la sua rivelazione divina ‘‘verità’’ che conduce alla ‘‘vita’’ con Dio ch’egli già possiede. Gesù è quindi insieme via e meta.
Per noi oggi, dire che il Signore è la via significa riconoscerlo e accettarlo come nostro compagno di viaggio, il viandante che si unisce a noi nel nostro cammino, la luce che rischiara la nostra strada, anche se spesso tortuosa, difficile e imperfetta. Gesù è e vuole essere per ciascuno di noi la via che conduce al Padre, egli è infatti nel Padre e il Padre è in lui. E se abbiamo conosciuto lui conosceremo anche il Padre suo. Gesù, evidenziando l’unione tra lui e il Padre egli ci invita a credere in lui a motivo delle sue opere, come se dicesse a ognuno di noi, avete visto quello che ho fatto in mezzo a voi, dal moltiplicare i pani al guarire ogni malattia, vi sembra ancora impossibile che io e il Padre siamo una cosa sola? Allora affermare che Gesù è la via significa riconoscere ch’egli è il tramite tra il Padre e l’umanità intera che cerca ad accogliere la redenzione.
«Io sono la Verità». Gesù si definisce verità perché è il Verbo di Dio, il Logos che si è fatto carne e ci offre la sua parola. Gesù di fatto non ci chiede di avere la verità ma di essere la verità. La verità non consiste in cose da sapere o da avere, ma in uno stile di vita. Essa «è sempre coraggiosa e amabile e Dio è verità amabile» affermava Ermes Ronchi. E questa verità è sempre accompagnata di carità perché senza carità, la verità ferisce e la carità senza verità fallisce. Per questo dobbiamo sempre ripetere come Pietro: «Signore, da chi andremo? Solo tu hai le parole di vita eterna» (cf.Gv 6,68). Come Gesù, anche noi siamo verità quando, prendiamo cura del fratello asciugando le sue lacrime, ci fermiamo accanto all’uomo bastonato dai briganti per sanare le sue ferite e mettiamo profumi di gioia nella vita di una persona triste.
«Io sono la Vita». Gesù ci dona la vera vita. Egli ci comunica la sua vita, soprattutto nell’eucaristia, invitandoci a partecipare alla sua cena, mangiando la sua carne e bevendo il suo sangue. Infatti, Dio non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva (cf. Ez 33,11). Ma quante volte rifiutiamo la vita che ci dà Gesù scegliendo le strade di morte, di violenza e di autodistruzione. Il Signore ci ricorda oggi che la sua misericordia è più grande del nostro peccato. Il suo amore precede i nostri meriti ed è commisurato alla gravità dei nostri peccati, dove abbonda il peccato, sovrabbonda la grazia afferma san Paolo nella lettera ai Romani. Riconoscere allora che Gesù è la nostra vita significa mettere sotto il suo sguardo il nostro futuro, la nostra casa, il nostro lavoro, la nostra salute, la nostra famiglia e tutto ciò che siamo e abbiamo.
Gesù: via, verità e vita è davvero la manifestazione di Dio; in lui, Dio si è reso visibile a noi. Egli ci ha rivelato il Padre non soltanto con grandi segni e prodigi, ma soprattutto con l’amore, la misericordia e la tenerezza, con la sua umiltà e la sua obbedienza alla volontà del Padre fino alla morte. Ma anche attraverso la sua accoglienza di tutti, compresi i pubblicani e i peccatori e con il suo modo di servire i deboli e i bisognosi. Cristo ci ha manifestato il Padre entrando nella casa di Zaccheo il pubblicano, quando ha dato il suo perdono all’adultera, quando ha lavato i piedi degli apostoli. In Gesù, Dio si è fatto uno di noi, e ci chiama ad essere i suoi testimoni nel mondo continuando le sue opere nei confronti dei fratelli e sorelle che incontriamo ogni giorno. A tale proposito, l’esortazione di san Pietro nella seconda lettura a stringerci a Cristo, pietra viva, ad aderire pienamente a lui, guardandolo, seguendolo e imitandolo è attualissima. Solo cosi saremo davvero: «stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere ammirevoli di lui, che ci ha chiamato dalle tenebre alla sua luce meravigliosa» (cf. 1Pt 2,9).
Mickael N’Serma, IV anno
Diocesi di San Severo