Testi della Liturgia della Parola
At 8,5-8.14-17
Sal 65
1Pt 3,15-18
Gv 14,15-21
Questa pericope evangelica giovannea, anche se molto breve, è ricca di significati e di certezze che ci aiutano a vivere non solo questo tempo liturgico pasquale, ma anche e soprattutto questo tempo della nostra vita, segnato dalla pandemia. La Parola odierna ci proietta inevitabilmente alle solennità dell’Ascensione e di Pentecoste ormai prossime. Il Signore inaugura questo discorso, proprio col tema dell’amore, di cui deve dar spiegazione perché ha notato smarrimento e perplessità nei suoi discepoli, nel momento in cui hanno appreso la notizia del Suo ritorno al Padre.
Chi ci aiuta a comprendere tutto ciò? Chi ci aiuta a vivere non sentendoci soli ed indifesi, in questo tempo storico? Proprio lo Spirito Santo che Gesù promette di mandare attraverso la preghiera al Padre. Quel Paràclito che è nostro difensore e consolatore. È il tempo della consolazione. Uno Spirito che non è una teoria astratta, ma una persona ben precisa della Trinità, è amore, è verità.
A maggior ragione, da buoni e veri cristiani, siamo chiamati a soccorrere questo mondo che viaggia all’impazzata, senza una mèta, senza uno scopo, nello smarrimento più totale,
non in qualità di supereroi, ma di uomini e donne, che si sono aperti a questo grande mistero, uomini e donne che si sono lasciati visitare e abitare dalla Via, dalla Verità e dalla Vita.
Gesù non ci lascia orfani, anche se il mondo crede di esserlo. Non siamo orfani proprio perché il Dio della Vita, ci ha scelti. Ci rende orfani il nostro cuore spento e disattento rispetto alle cose del Cielo, ancorato alle certezze e agli schemi umani che spesso ingabbiano l’umanità.
Stiamo notando, quanta esperienza di Croce stia facendo l’intera popolazione. Una croce che ha bisogno di essere letta proprio nell’ottica pasquale che il Signore ci consegna; una croce dalla quale vediamo emettere lo Spirito, Colui che non ci lascia soli, che ci rende pieni ed abitati dal Padre, dall’Amore. Riscopriamo, in questo tempo, quali siano le esigenze della natura e la volontà di Dio, come ci insegna Presbyterorum Ordinis al n.6, affinchè possiamo essere sempre più in grado di accogliere e obbedire al grande comandamento, che ci permetterà di non sentirci mai soli e di essere sempre più una comunità in cammino su questa terra, specchio del Cielo.
San Giovanni Paolo II ci ha spesso ricordato che siamo uomini e donne pasquali, il cui canto preferito è l’Alleluja. Questa è la nostra certezza, questa è la Luce dei nostri buii, questa è la nostra bussola, questo ci aiuterà a restare in posizione anastatica e a rimettere in piedi il mondo, con e come il Risorto. Questa pericope, allora, non la considereremo più un discorso d’addio come siamo umanamente abituati a pensare, attribuendo un significato cupo, triste, doloroso, come ad ogni addio, non più un distacco, ma un glorioso ricongiungimento…a Dio.
Testi della Liturgia della Parola
At 8,5-8.14-17
Sal 65
1Pt 3,15-18
Gv 14,15-21
Questa pericope evangelica giovannea, anche se molto breve, è ricca di significati e di certezze che ci aiutano a vivere non solo questo tempo liturgico pasquale, ma anche e soprattutto questo tempo della nostra vita, segnato dalla pandemia. La Parola odierna ci proietta inevitabilmente alle solennità dell’Ascensione e di Pentecoste ormai prossime. Il Signore inaugura questo discorso, proprio col tema dell’amore, di cui deve dar spiegazione perché ha notato smarrimento e perplessità nei suoi discepoli, nel momento in cui hanno appreso la notizia del Suo ritorno al Padre.
Chi ci aiuta a comprendere tutto ciò? Chi ci aiuta a vivere non sentendoci soli ed indifesi, in questo tempo storico? Proprio lo Spirito Santo che Gesù promette di mandare attraverso la preghiera al Padre. Quel Paràclito che è nostro difensore e consolatore. È il tempo della consolazione. Uno Spirito che non è una teoria astratta, ma una persona ben precisa della Trinità, è amore, è verità.
A maggior ragione, da buoni e veri cristiani, siamo chiamati a soccorrere questo mondo che viaggia all’impazzata, senza una mèta, senza uno scopo, nello smarrimento più totale,
non in qualità di supereroi, ma di uomini e donne, che si sono aperti a questo grande mistero, uomini e donne che si sono lasciati visitare e abitare dalla Via, dalla Verità e dalla Vita.
Gesù non ci lascia orfani, anche se il mondo crede di esserlo. Non siamo orfani proprio perché il Dio della Vita, ci ha scelti. Ci rende orfani il nostro cuore spento e disattento rispetto alle cose del Cielo, ancorato alle certezze e agli schemi umani che spesso ingabbiano l’umanità.
Stiamo notando, quanta esperienza di Croce stia facendo l’intera popolazione. Una croce che ha bisogno di essere letta proprio nell’ottica pasquale che il Signore ci consegna; una croce dalla quale vediamo emettere lo Spirito, Colui che non ci lascia soli, che ci rende pieni ed abitati dal Padre, dall’Amore. Riscopriamo, in questo tempo, quali siano le esigenze della natura e la volontà di Dio, come ci insegna Presbyterorum Ordinis al n.6, affinchè possiamo essere sempre più in grado di accogliere e obbedire al grande comandamento, che ci permetterà di non sentirci mai soli e di essere sempre più una comunità in cammino su questa terra, specchio del Cielo.
San Giovanni Paolo II ci ha spesso ricordato che siamo uomini e donne pasquali, il cui canto preferito è l’Alleluja. Questa è la nostra certezza, questa è la Luce dei nostri buii, questa è la nostra bussola, questo ci aiuterà a restare in posizione anastatica e a rimettere in piedi il mondo, con e come il Risorto. Questa pericope, allora, non la considereremo più un discorso d’addio come siamo umanamente abituati a pensare, attribuendo un significato cupo, triste, doloroso, come ad ogni addio, non più un distacco, ma un glorioso ricongiungimento…a Dio.
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