Nella VI Domenica del Tempo Ordinario, la pericope evangelica che guida la liturgia è il famoso discorso della montagna. Contemplando questo meraviglioso brano, sorge spontanea la domanda: cosa sono le Beatitudini?
In primo luogo, tali invocazioni si inseriscono in una tradizione di testi dell'Antico Testamento come il Salmo 1 e il parallelo di Geremia 17,7: Benedetto l’uomo che confida nel Signore richiamato nella Lettura. Sono parole di promessa, quella promessa che si compie e si realizza in Cristo con la sua Risurrezione.
Notiamo un dettaglio che deriva dalla penna di san Luca: «Alzati gli occhi verso i suoi discepoli». Le singole affermazioni delle Beatitudini nascono dallo sguardo verso i discepoli; descrivono infatti lo stato effettivo dei discepoli di Gesù: sono poveri, affamati, piangenti, odiati e perseguitati. Tutte queste sono le caratteristiche di chi vuole vivere una piena configurazione della propria vita con quella di Cristo.
Dal testo è percepibile lo splendore della risurrezione che procura una gioia, una «beatitudine» più grande della felicità che gli uomini possono aver mai provato prima. Solo ora comprendiamo che cos’è la vera «felicità», la vera «beatitudine».
Lo stesso pensiero espresso dall’evangelista Giovanni: egli qualifica la croce di Cristo come «elevazione», intronizzazione nelle altezze di Dio. Giovanni unisce in una sola parola croce e risurrezione, croce ed elevazione, perché per lui in realtà l’una è inseparabile dall’altra." (Benedetto XVI, Gesù di Nazareth) Gesù quindi non ci invita a soffrire tutto ciò per una ricompensa che è lontana anni luce. Sant’Agostino ci ricorda che «non giova soffrire questi mali, ma sopportarli per il nome di Gesù, non solo con animo sereno, ma anche con gioia» (De sermone Domini in monte, I, 5, 13: CCL 35, 13).
Il discorso della montagna è una cristologia nascosta. Dietro di essa c'è la figura di Cristo, di quell'uomo che è Dio, ma che proprio per questo discende, si spoglia, fino alla morte sulla croce. Possiamo notare anche come le beatitudini dipingono il volto stesso di Cristo, Lui è il vero beato, il vero povero, il vero uomo. Solo in Cristo può realizzare la propria esistenza, solo in Cristo può trovare la pienezza della vita e della gioia. "In verità, il Beato per eccellenza è solo Lui, Gesù. È Lui, infatti, il vero povero in spirito, l’afflitto, il mite, l’affamato e l’assetato di giustizia, il misericordioso, il puro di cuore, l’operatore di pace; è Lui il perseguitato a causa della giustizia. Le Beatitudini ci mostrano la fisionomia spirituale di Gesù e così esprimono il suo mistero di passione, morte e Risurrezione." Le Beatitudini, dunque, sono il messaggio di speranza che Gesù vuole donare a tutti coloro che cercano una risposta, o meglio “la” risposta alla loro vita, al suo senso: sono un messaggio di gioia e di speranza per gli uomini spesso provati. In conclusione il beato è “il lieto”, cioè ha l’animo diverso da come tutti vivono. È questa la grande sfida che oggi ci viene chiesta: vivere lietamente.
Nella VI Domenica del Tempo Ordinario, la pericope evangelica che guida la liturgia è il famoso discorso della montagna. Contemplando questo meraviglioso brano, sorge spontanea la domanda: cosa sono le Beatitudini?
In primo luogo, tali invocazioni si inseriscono in una tradizione di testi dell'Antico Testamento come il Salmo 1 e il parallelo di Geremia 17,7: Benedetto l’uomo che confida nel Signore richiamato nella Lettura. Sono parole di promessa, quella promessa che si compie e si realizza in Cristo con la sua Risurrezione.
Notiamo un dettaglio che deriva dalla penna di san Luca: «Alzati gli occhi verso i suoi discepoli». Le singole affermazioni delle Beatitudini nascono dallo sguardo verso i discepoli; descrivono infatti lo stato effettivo dei discepoli di Gesù: sono poveri, affamati, piangenti, odiati e perseguitati. Tutte queste sono le caratteristiche di chi vuole vivere una piena configurazione della propria vita con quella di Cristo.
Dal testo è percepibile lo splendore della risurrezione che procura una gioia, una «beatitudine» più grande della felicità che gli uomini possono aver mai provato prima. Solo ora comprendiamo che cos’è la vera «felicità», la vera «beatitudine».
Lo stesso pensiero espresso dall’evangelista Giovanni: egli qualifica la croce di Cristo come «elevazione», intronizzazione nelle altezze di Dio. Giovanni unisce in una sola parola croce e risurrezione, croce ed elevazione, perché per lui in realtà l’una è inseparabile dall’altra." (Benedetto XVI, Gesù di Nazareth) Gesù quindi non ci invita a soffrire tutto ciò per una ricompensa che è lontana anni luce. Sant’Agostino ci ricorda che «non giova soffrire questi mali, ma sopportarli per il nome di Gesù, non solo con animo sereno, ma anche con gioia» (De sermone Domini in monte, I, 5, 13: CCL 35, 13).
Il discorso della montagna è una cristologia nascosta. Dietro di essa c'è la figura di Cristo, di quell'uomo che è Dio, ma che proprio per questo discende, si spoglia, fino alla morte sulla croce. Possiamo notare anche come le beatitudini dipingono il volto stesso di Cristo, Lui è il vero beato, il vero povero, il vero uomo. Solo in Cristo può realizzare la propria esistenza, solo in Cristo può trovare la pienezza della vita e della gioia. "In verità, il Beato per eccellenza è solo Lui, Gesù. È Lui, infatti, il vero povero in spirito, l’afflitto, il mite, l’affamato e l’assetato di giustizia, il misericordioso, il puro di cuore, l’operatore di pace; è Lui il perseguitato a causa della giustizia. Le Beatitudini ci mostrano la fisionomia spirituale di Gesù e così esprimono il suo mistero di passione, morte e Risurrezione." Le Beatitudini, dunque, sono il messaggio di speranza che Gesù vuole donare a tutti coloro che cercano una risposta, o meglio “la” risposta alla loro vita, al suo senso: sono un messaggio di gioia e di speranza per gli uomini spesso provati. In conclusione il beato è “il lieto”, cioè ha l’animo diverso da come tutti vivono. È questa la grande sfida che oggi ci viene chiesta: vivere lietamente.
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