«Apri i nostri cuori all’azione del tuo Spirito, perché siano spezzate le catene della violenza e dell’odio, e il male sia vinto dal bene». Con queste parole ci fa pregare la liturgia in una preghiera colletta proposta dal messale per questa domenica del tempo ordinario. Ma cosa significa questo? Cosa significa aprirsi all’azione dello Spirito perché siano spezzate le catene della violenza e dell’odio? Questo invito offertoci dalla liturgia risulta ancora più significativo in questo tempo segnato da guerre e conflitti. Come possiamo offrire il nostro piccolo contributo perché il male sia vinto dal bene? Una risposta molto loquace ci viene offerta dal Vangelo. Solo rispondendo alla nostra chiamata di Figli di Dio, «che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra (i giusti e sopra gli ingiusti» (Mt 5,45), possiamo spezzare le logiche che generano il male nelle trame dei nostri contesti quotidiani. Bisogna però non confondere il Vangelo con una semplice esortazione che invita a comportarci bene con tutti. Questo sguardo si può ottenere a partire da un occhio costantemente rivolto a Cristo che ci ha amati fino a spogliarsi di tutto. Dice Silvano Fausti che «la nudità del Figlio sulla Croce fu la vittoria contro la rapacità di Adamo». È per questo che il Signore nel Vangelo ci dice con forza: «a chi ti vuol chiamare in giudizio per toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello» (Mt 5,40). Ci invita a spogliarci delle nostre corazze sull’esempio di Lui che si è spogliato per rivestirci della nostra dignità di figli amati e peccatori perdonati. Questo ci darà la forza di non opporci al malvagio e di guardarlo come un fratello bisognoso di perdono “come me”. Solo così potremo spezzare quella catena di vendetta che genera altro male. Solo se impariamo a scorgere Dio e a fare esperienza della Sua misericordia dall’incontro con Lui nella preghiera, nell’incontro dei fratelli e delle sorelle che Egli ci mette accanto e nelle situazioni che la vita ci offre potremo sentirci autenticamente figli nel Figlio e compagni di viaggio capaci di percorrere anche più di un miglio con chi ci sta accanto. Parlando dell’uomo che ha fatto esperienza della misericordia di Dio, Andrè Louf nel suo libro “Sotto la guida dello Spirito” dice: «Per i fratelli e i familiari è diventato un amico, buono e mite, che capisce le loro debolezze. Non ha più fiducia in se stesso, ma in Dio solo. Vive interamente afferrato dall’amore di Dio e dalla sua onnipotenza. Perciò è anche povero, veramente povero – un povero in spirito – e vicino a tutti i poveri e a tutte le forme di povertà, spirituale e materiale. È il primo di tutti i peccatori – pensa tra sé – ma un peccatore perdonato: ecco perché sa stare insieme, come uno di loro, un fratello, con tutti i peccatori del mondo. Si sente vicino a loro perché non si sente migliore degli altri; la sua preghiera preferita è quella del pubblicano, diventata come il suo respiro e come il battito del cuore del mondo, il suo desiderio più profondo di salvezza e di guarigione: “Signore Gesù, abbi pietà di me, povero peccatore!”». È così che siamo chiamati a diventare «perfetti» (Mt 5,48).
Ciro Coco, V anno
Diocesi di San Severo
«Apri i nostri cuori all’azione del tuo Spirito, perché siano spezzate le catene della violenza e dell’odio, e il male sia vinto dal bene». Con queste parole ci fa pregare la liturgia in una preghiera colletta proposta dal messale per questa domenica del tempo ordinario. Ma cosa significa questo? Cosa significa aprirsi all’azione dello Spirito perché siano spezzate le catene della violenza e dell’odio? Questo invito offertoci dalla liturgia risulta ancora più significativo in questo tempo segnato da guerre e conflitti. Come possiamo offrire il nostro piccolo contributo perché il male sia vinto dal bene? Una risposta molto loquace ci viene offerta dal Vangelo. Solo rispondendo alla nostra chiamata di Figli di Dio, «che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra (i giusti e sopra gli ingiusti» (Mt 5,45), possiamo spezzare le logiche che generano il male nelle trame dei nostri contesti quotidiani. Bisogna però non confondere il Vangelo con una semplice esortazione che invita a comportarci bene con tutti. Questo sguardo si può ottenere a partire da un occhio costantemente rivolto a Cristo che ci ha amati fino a spogliarsi di tutto. Dice Silvano Fausti che «la nudità del Figlio sulla Croce fu la vittoria contro la rapacità di Adamo». È per questo che il Signore nel Vangelo ci dice con forza: «a chi ti vuol chiamare in giudizio per toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello» (Mt 5,40). Ci invita a spogliarci delle nostre corazze sull’esempio di Lui che si è spogliato per rivestirci della nostra dignità di figli amati e peccatori perdonati. Questo ci darà la forza di non opporci al malvagio e di guardarlo come un fratello bisognoso di perdono “come me”. Solo così potremo spezzare quella catena di vendetta che genera altro male. Solo se impariamo a scorgere Dio e a fare esperienza della Sua misericordia dall’incontro con Lui nella preghiera, nell’incontro dei fratelli e delle sorelle che Egli ci mette accanto e nelle situazioni che la vita ci offre potremo sentirci autenticamente figli nel Figlio e compagni di viaggio capaci di percorrere anche più di un miglio con chi ci sta accanto. Parlando dell’uomo che ha fatto esperienza della misericordia di Dio, Andrè Louf nel suo libro “Sotto la guida dello Spirito” dice: «Per i fratelli e i familiari è diventato un amico, buono e mite, che capisce le loro debolezze. Non ha più fiducia in se stesso, ma in Dio solo. Vive interamente afferrato dall’amore di Dio e dalla sua onnipotenza. Perciò è anche povero, veramente povero – un povero in spirito – e vicino a tutti i poveri e a tutte le forme di povertà, spirituale e materiale. È il primo di tutti i peccatori – pensa tra sé – ma un peccatore perdonato: ecco perché sa stare insieme, come uno di loro, un fratello, con tutti i peccatori del mondo. Si sente vicino a loro perché non si sente migliore degli altri; la sua preghiera preferita è quella del pubblicano, diventata come il suo respiro e come il battito del cuore del mondo, il suo desiderio più profondo di salvezza e di guarigione: “Signore Gesù, abbi pietà di me, povero peccatore!”». È così che siamo chiamati a diventare «perfetti» (Mt 5,48).
Ciro Coco, V anno
Diocesi di San Severo
Post correlati
“Pratàlea”. Oasi di Spiritualità
Leggi più...
Dumenza: preghiera, fraternità e bellezza
Leggi più...
Sorgenti di Luce – L’arte della buona battaglia
Leggi più...