La liturgia della Parola della III Domenica di Pasqua traccia davanti a noi un lungo e appassionante cammino che dal tempo sfocia nell’eternità.
All’inizio vi è l’esperienza di un incontro che si cala nei nostri giorni ordinari, nelle nostre solite attività, è l’incontro con il Risorto, incontro al quale spesso siamo impreparati e ciechi, come gli apostoli sul lago.
Nel capitolo precedente, il capitolo 20, i discepoli hanno visto il Risorto, accolto il suo Spirito, ricevuto la sua missione e creduto in lui, Signore e Dio, per avere vita. Ora vediamo come Gesù si manifesta loro mentre continuano la missione loro affidata. Egli è presente nella pesca (vv. 1-8), che raffigura la loro attività apostolica rivolta ai fratelli, e nel banchetto (vv. 9-14), che richiama l’eucaristia, principio e fine di ogni missione. Particolare attenzione è rivolta ai due aspetti essenziali della comunità, ambedue fondati sull’amore e sulla sequela: la dimensione istituzionale, rappresentata da Pietro (vv. 15-19), e quella carismatica, rappresentata dal discepolo che Gesù amava (vv. 20-23). Sono due istanze diverse, una pastorale, più attenta alla struttura e conservatrice, l’altra creativa, più attenta alle persone e libera. Il conflitto inevitabile tra i due aspetti trova qui una soluzione ideale, legittimando ambedue e dando la priorità all’amore e alla libertà.
Quando Gesù Risorto viene a mancare ai loro occhi, i discepoli attraversano un momento di incertezza sull’orientamento da dare al loro futuro, alla loro vita; la scelta immediata è di ritornare alla vita di un tempo, illuminata dall’insegnamento di Gesù riconosciuto come vivente, ma ecco la terza apparizione del Risorto che per i discepoli suona come una nuova chiamata alla sequela centrata sulla continua presenza del Signore riconosciuto però dalla fede e incontrato in modo concreto nel pane spezzato e condiviso nell’eucaristia.
Davvero senza di lui i discepoli non possono far nulla, non hanno alimento, mentre nell’obbedienza di fede alla sua parola la pesca è sovrabbondante; gli apostoli non si erano accorti che era Gesù e tuttavia acconsentono ad un consiglio e prestano fede all’intuizione che si comunicano l’un l’altro, infine lo riconoscono per una certezza interiore e non per l’evidenza sensibile.
Come Simon Pietro anche noi dobbiamo lasciarci interpellare dalla sua Parola che mette allo scoperto il nostro peccato, la nostra fragilità passata e presente, eppure ci chiede un consenso d’amore. Solo dopo aver riconosciuto Gesù, quando ormai non c’è più posto per la nostra illusione personale e invece ci resta il desiderio ardente di amarlo da poveri è proprio allora che Gesù ci affida il suo tesoro, i nostri fratelli, ci rende responsabili di una testimonianza nei loro confronti che ci porterà lontano nella sua sequela, dove forse, oggi, noi non vorremmo.
Nella comunione di questo pasto con il Risorto, Simon Pietro viene riabilitato da Gesù di fronte ai discepoli, come per tre volte ha rinnegato Gesù Cristo, così per tre volte professa di amarlo e Gesù per tre volte gli affida il mandato di nutrire e guidare il suo gregge, in spirito di servizio e in rappresentanza del buon Pastore.
Pietro dovrà offrire la vita per le pecore, glorificando Dio con il martirio, l’invito alla sequela ha ora per Simon Pietro un sapore molto diverso da quello accolto quando era più giovane, ha il sapore dell’amore che conduce sulle orme di Gesù e ad amare fino alla fine.
Nella luce di quell’incontro con Cristo, nell’eco di quella domanda interiore “Mi ami tu?” e della nostra umile e povera risposta dobbiamo continuare il cammino con forza e coraggio, aprire a molti la via della fede con la nostra trasparente testimonianza e confessione del nome di Gesù, crocifisso per i nostri peccati, risuscitato dal Padre per la salvezza del mondo. Non ci mancheranno la sofferenza, la persecuzione, ma neppure la gioia di sostenerla per amore di Gesù; una gioia che nel giorno eterno inonderà tutto il mondo in un’unica e corale confessione di lode al nostro Dio creatore e a Gesù Cristo, l’Agnello immolato, nello Spirito Santo, vincolo d’amore.
Michele Cusanno
V Anno
Arcidiocesi di Trani-Barletta-Bisceglie
La liturgia della Parola della III Domenica di Pasqua traccia davanti a noi un lungo e appassionante cammino che dal tempo sfocia nell’eternità.
All’inizio vi è l’esperienza di un incontro che si cala nei nostri giorni ordinari, nelle nostre solite attività, è l’incontro con il Risorto, incontro al quale spesso siamo impreparati e ciechi, come gli apostoli sul lago.
Nel capitolo precedente, il capitolo 20, i discepoli hanno visto il Risorto, accolto il suo Spirito, ricevuto la sua missione e creduto in lui, Signore e Dio, per avere vita. Ora vediamo come Gesù si manifesta loro mentre continuano la missione loro affidata. Egli è presente nella pesca (vv. 1-8), che raffigura la loro attività apostolica rivolta ai fratelli, e nel banchetto (vv. 9-14), che richiama l’eucaristia, principio e fine di ogni missione. Particolare attenzione è rivolta ai due aspetti essenziali della comunità, ambedue fondati sull’amore e sulla sequela: la dimensione istituzionale, rappresentata da Pietro (vv. 15-19), e quella carismatica, rappresentata dal discepolo che Gesù amava (vv. 20-23). Sono due istanze diverse, una pastorale, più attenta alla struttura e conservatrice, l’altra creativa, più attenta alle persone e libera. Il conflitto inevitabile tra i due aspetti trova qui una soluzione ideale, legittimando ambedue e dando la priorità all’amore e alla libertà.
Quando Gesù Risorto viene a mancare ai loro occhi, i discepoli attraversano un momento di incertezza sull’orientamento da dare al loro futuro, alla loro vita; la scelta immediata è di ritornare alla vita di un tempo, illuminata dall’insegnamento di Gesù riconosciuto come vivente, ma ecco la terza apparizione del Risorto che per i discepoli suona come una nuova chiamata alla sequela centrata sulla continua presenza del Signore riconosciuto però dalla fede e incontrato in modo concreto nel pane spezzato e condiviso nell’eucaristia.
Davvero senza di lui i discepoli non possono far nulla, non hanno alimento, mentre nell’obbedienza di fede alla sua parola la pesca è sovrabbondante; gli apostoli non si erano accorti che era Gesù e tuttavia acconsentono ad un consiglio e prestano fede all’intuizione che si comunicano l’un l’altro, infine lo riconoscono per una certezza interiore e non per l’evidenza sensibile.
Come Simon Pietro anche noi dobbiamo lasciarci interpellare dalla sua Parola che mette allo scoperto il nostro peccato, la nostra fragilità passata e presente, eppure ci chiede un consenso d’amore. Solo dopo aver riconosciuto Gesù, quando ormai non c’è più posto per la nostra illusione personale e invece ci resta il desiderio ardente di amarlo da poveri è proprio allora che Gesù ci affida il suo tesoro, i nostri fratelli, ci rende responsabili di una testimonianza nei loro confronti che ci porterà lontano nella sua sequela, dove forse, oggi, noi non vorremmo.
Nella comunione di questo pasto con il Risorto, Simon Pietro viene riabilitato da Gesù di fronte ai discepoli, come per tre volte ha rinnegato Gesù Cristo, così per tre volte professa di amarlo e Gesù per tre volte gli affida il mandato di nutrire e guidare il suo gregge, in spirito di servizio e in rappresentanza del buon Pastore.
Pietro dovrà offrire la vita per le pecore, glorificando Dio con il martirio, l’invito alla sequela ha ora per Simon Pietro un sapore molto diverso da quello accolto quando era più giovane, ha il sapore dell’amore che conduce sulle orme di Gesù e ad amare fino alla fine.
Nella luce di quell’incontro con Cristo, nell’eco di quella domanda interiore “Mi ami tu?” e della nostra umile e povera risposta dobbiamo continuare il cammino con forza e coraggio, aprire a molti la via della fede con la nostra trasparente testimonianza e confessione del nome di Gesù, crocifisso per i nostri peccati, risuscitato dal Padre per la salvezza del mondo. Non ci mancheranno la sofferenza, la persecuzione, ma neppure la gioia di sostenerla per amore di Gesù; una gioia che nel giorno eterno inonderà tutto il mondo in un’unica e corale confessione di lode al nostro Dio creatore e a Gesù Cristo, l’Agnello immolato, nello Spirito Santo, vincolo d’amore.
Michele Cusanno
V Anno
Arcidiocesi di Trani-Barletta-Bisceglie
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