“Tutti ti cercano” (Mc 1,37). Nel Vangelo odierno, Quinta domenica del tempo ordinario, si parla di guarigione, ricerca e volontà di vedere Gesù. È come la sposa del cantico dei cantici che cerca l'amato, errando per la città tra luoghi e persone; così l'umanità anela a Gesù, con le proprie fragilità, illusioni, ma si vuole sempre trovare Dio. Questa folla rappresenta tutti noi di ogni epoca e provenienza. Ricercarlo e chiamarlo ha bisogno di silenzio e tempo, è per questo che spesso ci sembra lontano e distante. Come si può ascoltare se non si presta l'orecchio? Cercare e vedere il Signore è un dono immenso della sua misericordia ma ha bisogno di una nostra minima apertura di cuore. Magari non lo si riconosce, magari si ricerca la guarigione apparente, forse non si comprende la grandezza di quest'incontro. Eppure Gesù si fa incontrare, la sua misericordia arriva ovunque, anche nel nostro cuore affollato e nella nostra mente colma di tutto tranne che dell’essenziale. In questa spirale esistenziale troppo spesso vaghiamo seguendo illusioni, come le sirene che incontrano Ulisse, tutto può apparire giusto e incantevole, ma ci lascia solo il vuoto di una mancanza. Gesù che incontra noi, ci spinge a cercarlo nuovamente perché alimenta in noi il desiderio. Desiderio ed anche nostalgia per qualcosa di più grande, ma è l'Unico che consegna la vera felicità. I veri discepoli non sono le persone perfette o irreprensibili ma coloro che danno spazio al meglio: “ma di una cosa sola c'è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta”. (Lc 10,42) Riprendendo una grande opera lirica “la Turandot” di Giacomo Puccini, vi è un dialogo che descrive bene la ricerca dell’uomo che non trova la vera felicità. Infatti ci si concentra sulla speranza umana che delude ma non su quella che completa l’uomo. In sostanza quando fissiamo lo sguardo troppo sull’io e sul mondo, perdiamo Dio. Anche la ricerca più imperfetta di Lui è sempre un’apertura nei suoi confronti che permette di incontrare Lui e la sua Parola trasformatrice. “E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demoni.” (Mc 1, 39) La Galilea infatti, non è come la Giudea, terra di rettitudine, dove l'ortodossia della fede è veicolo stretto, punto centrale e fondante. Nella Giudea vige la purezza della legge, dove la perfezione del rito è questione identitaria, nella Galilea invece si sperimenta la mescolanza di persone e di storia. La Galilea è la nostra terra, marginale, di soglia, vicina al paganesimo, antico e nuovo. Siamo noi con la nostra vita. Il Signore parla in linee apparentemente storte e imprecise, entra in una melodia calante e ne fa una sinfonia, una danza: “Hai mutato il mio lamento in danza, mi hai tolto l'abito di sacco, mi hai rivestito di gioia, perché ti canti il mio cuore, senza tacere; Signore, mio Dio, ti renderò grazie per sempre.” (Sal 30,12-13), perché il Signore ci trasforma ogni volta che lo incontriamo.
Gabriele Bergamo