Celebrare l’ultima domenica d’Avvento a poche ore dalla celebrazione del Natale fa sempre un po’ di effetto; se poi pensiamo che in quest’anno, anno B, la liturgia ci propone di soffermarci sul Vangelo dell’Annunciazione, lascia forse un po’ straniti.
Per comprendere meglio questa scelta della Chiesa ci viene in aiuto la liturgia del giorno, che ci dà la giusta lente di lettura: “O Dio, Padre buono, che hai rivelato la gratuità e la potenza del tuo amore nel silenzioso farsi carne del Verbo nel grembo di Maria, donaci di accoglierlo con fede nell’ascolto obbediente della tua parola.” Contemplare il racconto dell’Annunciazione ci fa comprendere meglio quello che da domani ammireremo nel presepe, il modo con cui il Dio-con-Noi è diventato veramente tale, le modalità con cui ha scelto di “scomodarsi” per poter mostrare a noi ancora una volta la grandezza del suo amore.
Allora lasciamo che questo brano ancora possa parlaci, lasciamo che attraverso il racconto dell’inizio del mistero dell’Incarnazione Dio possa insegnarci il nostro stile nel mondo.
Sulla scia della terza domenica d’Avvento, domenica Gaudete, anche oggi il Vangelo si apre con un imperativo da parte dell’angelo Gabriele alla Vergine Maria: “Rallegrati…” (Lc 1,28)
Ciò che dà inizio al grande dono del Messia è un imperativo, che non solo è rivolto a Maria, ma che giunge fino ai giorni nostri, che si dispiega lungo tutte le pagine della storia per poter raggiungere tutti. L’incontro con il Salvatore è, dunque, un incontro che è fondato su questo imperativo che ci interpella e a cui dobbiamo dare pronta risposta.
Nonostante questo, però, Maria non sembra “ascoltare” questo invito: “…A queste parole ella fu molto turbata …” (Lc 1,29). Maria reagisce a questa silenziosa irruzione di Dio con tutta la sua umanità; questo penso avvenga sempre: l’incontro con Dio è qualcosa che ci spaventa, è qualcosa che ci turba, che ci fa sperimentare la mancanza di tutte quelle certezze che ci siamo arrogati nel tempo. Ma forse la paura che sperimentiamo è più profonda: è l’infedeltà che sperimentiamo dinanzi alla fedeltà di Dio; ci spaventa l’opportunità che Dio dà a ciascuno per poter sperimentare la sua divinità: noi, creati per l’eternità di Dio abbiamo paura di entrarci appieno.
Ma questo Dio lo sa, per questo a ciascuno dice di non temere, ci consegna la grazia per sentirci accompagnati da lui in tutte le circostanze della nostra esistenza.
E allora Maria è pronta a dire il suo Eccomi: la grandezza di Maria è data dal sapersi presentare con tutta sé stessa, con tutte le sue qualità, ma anche con tutte le sue paure, con tutti i suoi dubbi; lei è pronta a vivere la vita inabitata dalla presenza di Dio.
In questo giorno che ci prepara più prossimamente all’incontro del Messia, fermiamoci a contemplare il silenzioso modo del Verbo di farsi carne e facciamo in modo che questo silenzio ci possa parlare, che questa umiltà di Dio possa scalfire il nostro cuore per vivere anche noi inabitati dalla presenza dell’Altissimo.
Giovanni Specchia, V anno