Otto giorni dopo Natale il Vangelo ci riporta alla grotta di Betlemme, all'unica visita riferita da Luca: quella dei pastori.
Possiamo notare che non trovano nulla di straordinario, vedono soltanto un bambino con sua mamma e suo padre, in quel bambino conoscono il Salvatore. Nelle raffigurazioni dei nostri presepi, i pastori davanti alla grotta sono sempre in ginocchio ma il Vangelo questo non lo specifica: sono rimasti semplicemente ad osservare stupiti, estasiati. Noi dobbiamo essere come i pastori, dobbiamo riscoprire lo stupore della fede! Lasciarci incantare dal Signore, stupirci ancora della mangiatoia e di questo mistero che sa di infinito e di casa.
Nella seconda parte del Vangelo viene sottolineata la reazione di Maria al racconto dei pastori: “custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore”. Maria metteva insieme i fatti, coglieva il senso, contemplava il progetto di Dio. Maria non era superficiale, era attenta! Una certa devozione mariana l’ha allontanata dal nostro mondo e dalla nostra condizione umana, dalle nostre angosce e dai nostri dubbi, l’hanno fatta ammirare o invidiare, ma non amare. Noi dobbiamo imparare da Lei che difende questo bambino "caduto da una stella fra le sue braccia e che cerca l'infinito perduto e lo trova nel suo petto" (M. Marcolini) come la conchiglia la sua perla o come uno scrigno le sue emozioni e domande; da Lei così attenta che trova il filo conduttore, da Lei impariamo a perderci nel tempo per avere cura dei nostri sogni.
Impariamo anche dall'esempio dei pastori: non possono trattenere per noi stessi la gioia e l'ammirazione, proprio come non si può trattenere il respiro. Tornano dal loro incontro con canti e diffondono sorrisi a chiunque incontrano, annunciando a tutti: è nato l’Amore!
Il Vangelo si conclude con la circoncisione e l’assegnazione del nome Gesù. Con questo rito Gesù entra a far parte del popolo d’Israele ma l’evangelista vuole sottolineare l’importanza del nome: Gesù, che era stato indicato direttamente dal cielo e vuol dire il Signore salva. Sappiamo tutti che senza nome si rimane nell’anonimato, chi non conosce il nostro nome può solo instaurare un rapporto superficiale con noi. Se Dio voleva entrare in dialogo con l’uomo doveva dirgli come voleva essere chiamato, doveva indicare il suo nome, rivelare la sua identità. Lo ha fatto, scegliendo il nome di suo Figlio. Così Dio ha detto chi egli è.
Mi auguro che tutti possano accogliere il nuovo anno con i seguenti auspici: Prima che il vuoto tutto ci divori, che venga, venga presto il tempo in cui ci si innamori.
Eliseo Francesco Costantino, V anno