‹‹Egli manderà gli angeli›› (Mc 12,27) – Gli angeli nella Divina Commedia
Se ne occupa Guardini, nella prima parte di Studi danteschi, opera che dedica al padre, ‹‹dalle cui labbra -scrive- fanciullo i primi versi di Dante colsi››. Nella Commedia gli angeli non partecipano direttamente agli eventi, eppure Dante li tiene in altissima considerazione. Il primo angelo che si incontra si trova addirittura nei pressi dell’Inferno, siamo nel canto IX.
‹‹L’angelo, -scrive Guardini- partecipa all’attuarsi dell’amore di Dio››. La funzione che Dante attribuisce agli angeli è proprio questa: rendere l’amore di Dio una opportunità attuale, concreta; essi trascinano la straordinaria luce di questo amore debordante e la avvicinano alla perduta gente, accordano, in qualche modo, il tempo con l’eternità. L’angelo di Dante è la creatura della comunione con Dio, della sua infinita disponibilità. E persino l’insolita posizione -un angelo alle soglie dell’inferno- indica proprio che l’attività di mediazione dell’angelo si arresta soltanto davanti all’inesorabile.
Ma alla visione di un unico personaggio celeste nell’inferno, il Purgatorio restituisce una presenza angelica molto più frequente e per certi versi puntuale: ci sono sette angeli posti a custodia di sette balze, uno addetto a traghettare le anime che dalla sponda del Tevere a quella dell’Antipurgatorio, due nella valletta dei prìncipi e l’angelo portinaio, davanti alla porta del Purgatorio.
‹‹Ineffabilmente belli […] Amano l’uomo di quell’amore particolare che si ha per chi soffre molto.›› Se gli ospiti di Satana hanno rifiutato la salvezza mentre i celesti hanno preferito Dio, chi abita il Purgatorio? Quelli che soffrono molto.
E gli angeli sono qui mandati per amarli di un amore particolare. L’angelo risplende, davanti a coloro che soffrono, per due motivi: perché è esempio di amore perfetto, assoluto reso a Dio, di quell’amore inutile che Guardini porta ad esempio in altro testo, e perché la loro presenza ha ultimamente qualcosa della presenza consolante di Dio.
Anche nel Purgatorio un angelo è sulla soglia, in una atmosfera incantevole, cristallina, ai piedi del monte che sorge su un’isola in mare aperto. La presenza dell’angelo dantesco non è per niente fiabesca, anzi. Dante tratta gli angeli come veri servitori di Dio e degli uomini: Guardini dice che per comprendere l’angelo dantesco bisogna dimenticare ‹‹l’industria della devozione›› e lasciarsi illuminare dall’episodio di Giacobbe al guado dello Iabbok (Gn 32, 22-31). Qui l’angelo appare come ‹‹“un uomo”: terribile, forte, possente nel benedire, avvolto nel mistero. Egli è l’“angelo del Signore”.›› I messaggeri del Dio vivente, mentre contemplano il volto di Dio, accorrono e agiscono: Dante li libera da una paresi mistica e gli riabilita, li contestualizza nuovamente e ridona al loro ministero il valore altissimo che è loro proprio. L’angelo dantesco, nel Purgatorio, ha il compito di facilitare il passaggio dal desiderio alla realtà piena: non basta desiderare la beatitudine in Dio, serve slancio puro e purificato per compiere questo doloroso ma liberatorio passo.
Ma questo non può compierlo l’angelo. Egli può annunciare la perenne disponibilità della bontà di Dio, può rendere accessibile questo passaggio. Lo stesso Dante incontro molti angeli, ma nessuno di questi compie il cammino al suo posto; accorrono in suo aiuto, lo tutelano ma possono fare ciò che deve fare lui. È Dante e non altri che deve accingersi a fare la faticosa salita del monte Purgatorio.
[…] onde 'l giorno sen giva,
come l'angel di Dio lieto ci apparse.
Fuor de la fiamma stava in su la riva,
e cantava 'Beati mundo corde!'
in voce assai più che la nostra viva.
( Pg XXVII 5-12)
L’ultimo angelo che Dante incontra, nel Purgatorio, lo esorta ad attraversare un muro di fiamme, ultima barriera per giungere al paradiso terrestre. È un angelo che gli appare lieto, profondamente immerso nell’essere eterno di Dio e fuori dalle fiamme, mentre canta la conversione ed esalta i purificati. Il passaggio si presenta drammatico e il Sommo dovrà compierlo da solo: ‹‹è questa l’ultima prova prima di giungere alla libertà dell’uomo nuovo.›› Dante sente che la paura sta prendendo il sopravvento e vorrebbe indietreggiare ma l’angelo ha parlato. La forza dell’amore, il desiderio di Beatrice e la soave speranza sostenuta dalle parole dell’angelo gli consentono di rinsavire e così superare questa ultima prova per calpestare il suolo del paradiso terrestre.
Ora gli angeli non si presenteranno più singolarmente da Dante: egli ne vedrà a miriadi. E poi incontrerà Beatrice: sarà lei l’angelo di Dante, prenderà il posto di Virgilio e degli angeli del Purgatorio e condurrà Dante a compiere questo viaggio con una intensa e vibrante esperienza spirituale di fronte a Dio Trinità.
Se pensassimo alla Divina Commedia come alla parabola della vita, di angeli ne incontriamo molti anche noi, possiamo riconoscerli nei volti di tanti. Ma nessuno di questi può vivere al posto nostro; essi però ci porteranno il messaggio di Dio, attraverso di loro potremo esperimentare la custodia del Signore, potremo scorgere qualche cosa della profondità del mistero della vita ma noi, noi soli, potremo far nascere dal nostro desiderio di Dio la personalissima e concreta scelta di rendere tutta la vita un laborioso cammino incontro a lui.
Tutte le citazioni sono tratte da: R. Guardini, Studi Danteschi in Opera Omnia XIX/I, Morcelliana, Gianico 2018.
Giammarco Sperani
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