Dio li benedisse e Dio disse loro:
"Siate fecondi e moltiplicatevi,
riempite la terra e soggiogatela,
dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo
e su ogni essere vivente che striscia sulla terra".
(Gn 1,28)
Questi versetti della Sacra Scrittura come paradigmatici per una lettura piena ed attenta della traccia formativa di questo nuovo anno di seminario: le prime parole che Dio rivolge all’uomo raccontano benissimo non soltanto quello che dovrà essere il rapporto tra l’umanità e il creato, ma anche come dovrà essere inteso il rapporto tra l’umanità e Dio, e quindi tra l’uomo e la sua vita interiore. Infatti nel porre l’umanità a custodia del creato, Dio spalancato le porte non solo alla relazione con Lui, ma anche alla relazione dell’uomo con la propria interiorità, che è posta come condizione di possibilità della relazione con il divino.
Il testo della traccia formativa, che ci è stato presentato, descrive il percorso per giungere a tutto ciò. Partendo dal dialogo platonico tra Socrate e Teeteto, l’interiorità è pensata come il dialogo che l’anima per sé instaura con sé stessa [...] in silenzio rivolto a sé stesso (Teeteto, 189e-190a), essa è il luogo in noi impariamo a guardarci dentro come se fossimo un oggetto, è una spaccatura che crea nel nostro cuore uno spazio, un vero e proprio vuoto all’interno del quale noi uomini possiamo far comunicare vita attiva e vita contemplativa.
La preghiera e l’incontro con Cristo aiuta la vita del credente a non cadere in un vuoto intimismo e pragmatismo, ma a custodire sé stessi nel viaggio che va dall’esterno verso l’interno. In essa la vita acquisisce un senso, che è il senso del dono; è la presenza di un mistero che si pone come una finestra aperta per dire quel qualcosa che ci ha messi in vita e in libertà e ci ha affidati a noi stessi.
Nella nostra interiorità riscopriamo quattro forme di preghiera: adorazione del mistero, gratitudine per il dono che siamo, richiesta nella supplica di poter sempre realizzare nella nostra vita questo dono e, infine, l’intercessione per gli altri, affinché la nostra preghiera possa sempre aprirsi all’ospitalità ed essere sempre inserita all’interno della storia della nostra vita, che è una storia continua di relazioni.
Maria, colei che tiene insieme, la symbàllousa, è il simbolo di questo riconoscimento partecipativo di Dio nella storia, che continuamente s’incarna all’interno della nostra trama di relazioni e che sempre ha speranza. Che anche noi, come la Vergine, ci possiamo aprire per davvero alla fiducia totale in Lui nel riconoscimento della Sua prossimità che in Cristo ama e redime ogni persona.
Luca De Fabritiis, V anno