«Dimmi, quando Lo hai incontrato? Quando ha riempito di senso la tua vita?»
Incontro di Mons. Mimmo Battaglia con la comunità del Seminario.
“Questo è lo stile di Dio, che a nostra volta siamo chiamati a recepire e imitare: Egli non sta rinchiuso nel suo mondo, ma 'esce': Dio sempre è in uscita, cercando noi; non è rinchiuso: Dio esce. Esce continuamente alla ricerca delle persone, perché vuole che nessuno sia escluso dal suo disegno d'amore”. (Angelus 20 Settembre 2020, Papa Francesco).
Le parole di papa Francesco fanno da cornice, all’incontro che la comunità del seminario ha vissuto Mercoledì 30 Marzo con Mons. Battaglia, arcivescovo di Napoli.
Un incontro che testimonia lo stile di un Dio che si fa prossimo, incontrando l’uomo nella propria storia quotidiana segnata da gioie e fragilità.
Prima della sua nomina episcopale, Mons. Battaglia, ha svolto la sua attività pastorale nell’arcidiocesi di Catanzaro-Squillace, dedicando ancora oggi la sua vita ai poveri, ai più fragili, tanto da essere chiamato “prete di strada”: la sua vita da presbitero gli ha permesso di incontrare e camminare insieme a giovani tossicodipendenti. Proprio a partire da questa esperienza di vita, la testimonianza “provocatoria” di don Mimmo ci ha permesso di interrogarci sul senso del nostro cammino in seminario, che è lo stesso cammino che un giovane compie fuori da questo contesto: «che differenza c’è tra voi e loro?».
A partire da questa differenza, le sue parole sono state un raccontare attraverso diverse esperienze, il suo rapporto con Cristo nella quotidianità della vita sin dai tempi del seminario.
«Cogliete la bellezza del momento che state vivendo»
Gli anni di seminario sono stati per Don Mimmo, il momento cruciale in cui si prende consapevolezza che non siamo noi a scegliere: «Attenti a questo, ragazzi: “non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi, dice il Signore”». Questa relazione con Cristo che ti chiama e ti ama è l’unica ragione per la quale un seminarista dovrebbe vivere questo cammino. In questa chiamata occorre scoprire ogni giorno la bellezza dell’incontro con Cristo.
È un tempo in cui si è chiamati a crescere senza avere paura di mettere in discussione le proprie certezze, sicurezze: esprimere i dubbi è la strada che aiuta a purificare le nostre scelte.
«Non sprecate un attimo, ragazzi, vivetelo fino in fondo questo tempo e che tutto vi riporti ogni giorno alla bellezza dell’incontro con Cristo e dell’esperienza con Lui, perché Cristo è un’esperienza di vita…».
«Scusa, non ti sentiamo…»
È l’esperienza che don Mimmo ha vissuto in un incontro di formazione per operatori di comunità terapeutiche. Tra di loro, giovani provenienti dal mondo delle dipendenze e dall’ambiente universitario condividevano le loro paure e difficoltà nei confronti della vita e della fatica di porsi accanto a ragazzi che vivevano determinati disagi. Verità, speranza, paura erano i temi che venivano fuori. Essendo l’unico presbitero nel gruppo, ha esposto concettualmente cosa fosse la speranza, la fragilità, la paura. Un ragazzo lo interrompe, dicendogli: “Scusa, non ti sentiamo…”.
Ciò che stava esprimendo don Mimmo, non toccava la vita, ma attingeva da ciò che aveva studiato. Erano i suoi primi anni di presbiterato. Si parla di Dio, della speranza, della paura, come se fossero cose che avessimo in tasca. Ecco perché si è così distanti dalla vita.
Il punto è quello di cominciare a parlare delle proprie paure e difficoltà, della speranza che ci si porta dentro, partendo dalle cose che si vivono. Questo permette l’incontro con l’altro.
«Tu, dimmi, quando l’hai incontrato?»
Dire che Cristo è il senso della vita risulta essere relativamente facile. Occorre la nostra testimonianza dell’incontro con Lui, quando l’abbiamo incontrato, quando ci siamo resi conto che vivere senza di Lui non ci riempie la vita, quando qualcosa è scattato dentro di noi, quando abbiamo scelto di seguirlo…
Questo è ciò che il mondo desidera ascoltare: non le nostre parole, ma la nostra vita.
«Il giorno prima dell’ordinazione sacerdotale, ricevendo un libro dal vicario generale della diocesi, trovai un biglietto in cui c’era scritto: se scegli una vita a servizio dell’uomo in nome del vangelo fino a dare tu stesso non domandarti mai cos’è un prete, lo inventerai strada facendo».
Questo messaggio ha permesso a don Mimmo, di inventare il suo modo di essere prete. Ma ciò che fonda l’essere prete è l’incontro con Cristo, l’esperienza con Lui, il tempo che “perdi” nello stare davanti a Lui. Questa storia è una vera e propria storia d’amore con un Dio che è amore: innamorati di Cristo, innamorati della vita.
«Voi qualche volta lo sentite il vuoto?»
«Mi ricordo una sera ero con un personaggio televisivo che mangiava una pizza e lui comincia a raccontare la sua vita, dicendo: sai don Mimmo, soldi ne ho quanti ne voglio, ragazze a non finire, ma quando torno a casa la sera e mi guardo dentro, sento un vuoto che mi massacra».
Possiamo correre il rischio di riempire il vuoto che sentiamo con pensieri, immagini e persino di noi stessi. Ma quel vuoto è colmabile unicamente nella relazione con Gesù Cristo. È questa la grande conversione che ci è richiesta. Il vuoto è un’opportunità da cogliere e non da sfuggire. Ci si ritrova a fare i conti con sé stessi, anche se a volte può far male. Tutto questo non è facile, ma è necessario viverlo con Cristo.
La via di fuga da questa “prova” è un rischio in cui tutti incorrono, per esempio nell’uso costante del telefono: don Mimmo ci invitava a spendere la nostra vita per il vangelo, a metterci la faccia, andando contro corrente rispetto a ciò che dice e fa il mondo. Questa libertà nasce dall’amore nei confronti di Cristo: «Questo è autentico e rende piena la nostra vita; tutto il resto è surrogato e i surrogati non cambiano la vita a nessuno».
Ciò che ci rende credibili è l’abbraccio, la fraternità, l’amore: gesti che dicono più di molte parole. Gesti che dicono di un’appartenenza a Cristo, di una bellezza che deriva dal vivere una vita con Lui, perché Lui riempie la vita e rende felice il cuore.
«Non avere paura della tua debolezza»
Ognuno di noi porta dentro di sé una zona di povertà. Nessuno sarà pienamente sé stesso fino a quando non abbraccia le proprie fragilità e debolezze. L’appuntamento con Dio si rivela all’interno della fragilità: credere a questo significa avere fiducia che da quella situazione di debolezza ci si può rialzare, sempre. Queste fragilità non sono limiti, ma opportunità che rischiarano il cammino. Occorre guardare a queste fragilità con gli occhi di Dio, perché è il Suo sguardo che fa cogliere la speranza; è il Suo sguardo che fa cogliere la Sua presenza: lì si avverte la conversione, il cambiamento.
È vivere una storia d’amore con lo sguardo di Cristo sulla nostra vita e sulla vita degli altri.
Tutti ci portiamo dentro delle ferite ma è necessario leggere la vita degli altri non a partire dalle nostre ferite ma dalla misericordia di Dio, con gli occhi di Cristo che sono occhi dell’amore.
«Tu non sei scelto per essere prete perché migliore degli altri; perché lo meriti e altri no… Non pensate mai cosi, perché se lo pensate non c’è Cristo, ma ci siete solo voi, la vostra immagine e la vostra pretesa».
L’incontro con Don Mimmo Battaglia, non ha fatto altro che nutrire in noi il desiderio di speranza, soprattutto in questo tempo di complessità. Una speranza radicata in Cristo, operosa verso i fratelli e nella vita di chi ci passa accanto.
Una parola che ha toccato il cuore; un incontro che ha risvegliato il nostro desiderio di sequela; una testimonianza d’amore concreta, incarnata.
“In questa Galilea impariamo lo stupore dell’amore infinito del Signore, che traccia sentieri nuovi dentro le strade delle nostre sconfitte. E così è il Signore: traccia sentieri nuovi dentro le strade delle nostre sconfitte. Lui è così e ci invita in Galilea per fare questo.”
(Papa Francesco omelia di Pasqua 2021 veglia).
Commossi, ti abbracciamo. Buon cammino Don Mimmo.
Paolo Martucci V anno
Pea sprouts germinating in soil
Commento V domenica di Quaresima
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