L’avevo invitato a pranzo il giorno di San Luigi, che quest’anno cadeva di domenica: aveva subito accettato, perché in Seminario tornava sempre volentieri, e mi piace ricordarlo in quell’ora di serenità in una giornata piena di tanti impegni, in mezzo a noi formatori e ai seminaristi. Don Gino, timido e riservato, quando tornava in Seminario esternava quella serenità e quella simpatia che forse a molti risultano essere tratti inediti della sua persona. Nel Seminario Regionale era stato padre spirituale e tutti ricordano l’ottima intesa con l’intera èquipe di un uomo semplice ed amabile qual era, l’immediatezza delle relazioni con i giovani, ma soprattutto il sapiente ministero di accompagnatore. Il giorno del suo ingresso nella Cattedrale di Molfetta, era voluto partire proprio da quel luogo che lo aveva già visto inserito nella città che lo avrebbe avuto pastore. Monsignor Martella aveva un compito particolare a livello nazionale: era visitatore dei Seminari, quale delegato della Congregazione del Clero. Un compito delicato, che richiede discrezione, capacità di ascolto, acume e senso di responsabilità nel guardare ai problemi e suggerire vie di soluzione. I colleghi rettori che l’hanno avuto visitatore dei loro Seminari, mi hanno tutti testimoniato l’orgoglio e la commozione con le quali parlava del “suo” Seminario di Molfetta, vantandone il numero di seminaristi e l’impostazione educativa. Tale soddisfazione emergeva ogni anno a conclusione della processione del Corpus Domini, quando ringraziava la comunità della sua presenza che rendeva unica quel momento per numero di seminaristi partecipanti. Sì, possiamo ben dire che don Gino amava il Seminario Regionale. Ma di questo amore mi colpiva la discrezione e la delicatezza: pur essendo stato reggente per alcuni mesi, dopo la morte di monsignor Antonio Ladisa, don Gino non aveva condizionato in nulla le scelte educative successive e in questi anni ha mantenuto un grande equilibrio nelle relazioni, un interesse mai invasivo, pur essendo delegato dei suoi confratelli vescovi pugliesi per la disciplina del nostro Seminario. Credo che questo stile di servizio abbia molto da insegnarci, coniugato anche con il carattere esigente della formazione che egli auspicava: voleva preti responsabili verso la gente, infaticabili nel ministero, non amanti delle esteriorità. Quando vedeva che seminaristi e giovani preti andavano in altra direzione, rimaneva semplicemente amareggiato, chiedendo a me e agli altri formatori di esigere di più, di non amare i compromessi, di puntare ad una misura alta della vocazione presbiterale. Era il suo modo di amare il Seminario e, attraverso di esso, il popolo di Dio che dalle nostre comunità si attende pastori veri. Queste sue raccomandazioni, di un vescovo a un formatore, divengono motivo di gratitudine nei suoi confronti e di impegno esigente per noi.
Mons. Luigi Renna
Rettore del Pontificio Seminario Regionale “Pio XI”