Due seminaristi immersi in una terra di contrasti
di Riccardo Giudice
Prima o poi, quando i desideri sono autentici e ispirati da Dio, arrivano sempre a esaudirsi. Per me e Luca, mio compagno di gruppo, questo si è realizzato la scorsa estate. In compagnia di don Beniamino Nuzzo, vicario generale della nostra diocesi ugentina, siamo stati accolti in Madagascar dal nunzio apostolico monsignor Paolo Gualtieri. Un’avventura targata Ugento-Santa Maria di Leuca. La nostra, più che una missione, è stata un’immersione nella quotidianità della Chiesa malgascia. E poterla vivere in un clima di fraternità diocesana è stato un valore aggiunto.
«Una Chiesa viva, danzante, cantante», così il nunzio originario della nostra terra ama descrivere la gente cui è stato mandato dalla Santa Sede e verso la quale nutre una passione viscerale. Passione che ci ha trasmesso in quei giorni di incontri, strette di mano, carezze, abbracci. Il popolo malgascio, con la sua gioia, lo ha evangelizzato. E lo stesso è accaduto a noi in quei giorni.
Il Madagascar è una terra di contrasti: ricchezza e povertà, tanfi e profumi, grigiori e colori. Ma è proprio dove le contraddizioni della vita stridono che si rivela la bellezza dell’uomo. Abbiamo ammirato la loro accoglienza e la sacralità con cui trattano gli ospiti. Siamo rimasti meravigliati dal numero di vocazioni religiose a servizio dei poveri e dei progetti che la Chiesa porta avanti per promuovere la dignità di quante più persone possibile.
Muoversi da un posto all’altro si è rivelata un’immensa opportunità, ma allo stesso tempo una grande atrocità. Per strada: quanti volti sporchi, ignari, arresi, invecchiati, sorpresi al vedere la nostra jeep passare. Li abbiamo fotografati. Ma è troppo semplice guardare la povertà da dietro un finestrino: è come guardarla dallo schermo di un televisore. Eppure, attraversando tutto questo, è proprio quel disagio che ha iniziato ad attraversare i nostri occhi, si è fatto strada fino al cuore e ci ha lasciato una traccia indelebile che continua a indicarci una via di umanità.
Bella e apprezzata, inoltre, è stata l’iniziativa alla quale siamo stati invitati prima di partire: sensibilizzare le nostre parrocchie e famiglie di provenienza ad essere generose nel destinare almeno il giusto necessario alle comunità più bisognose. E così è stato.
Certo: «ciò che facciamo» – diceva santa Teresa di Calcutta – «non è che una goccia nell’oceano». Ma lei stessa continuava: «Se questa goccia non ci fosse, all’oceano mancherebbe. Importante non è ciò che facciamo, ma quanto amore mettiamo in ciò che facciamo; bisogna fare piccole cose con grande amore».