XXXIII domenica del Tempo ordinario – 17 novembre 2019
Testi della Liturgia della Parola
Ml 3,19-20
Sal 97
2Ts 3,7-12
Lc 21, 5-19
La liturgia della XXXIII domenica del Tempo ordinario, come già le precedenti, illumina il mistero del tempo e spalanca l’orizzonte sull’eternità, rafforzando in noi quel senso innato di disorientamento e di curiosità che possediamo.
Il pensiero sul futuro e l’incertezza sulla fine dei tempi, sugli ultimi giorni, sul cosa accadrà dopo sono interrogativi che abitano il cuore di ciascuno. Anche i discepoli del Signore, sollecitati dalle sue parole sulla distruzione del grande Tempio di Gerusalemme, chiedono a Gesù il quando e il come di tali avvenimenti (Lc 21,7).
Le loro domande sono, in realtà, le nostre: non è forse vero che tutti ci chiediamo, più o meno consapevolmente, più o meno sbrigativamente, il quando e il come del futuro dei nostri giorni? Non trovano forse spazio in noi gli interrogativi più stringenti sul dopo, sul domani delle vite nostre e di quelle delle persone che ci sono più care?
E nella affannosa ricerca di risposte, una certa sprovvedutezza ci conduce a ricostruzioni più o meno fantasiose.
Le tre letture che ascolteremo, invece, con un linguaggio caratteristico al quale noi non siamo più abituati, costituiscono un grande insegnamento sul tempo.
Il rapporto con il tempo dice molto della qualità della nostra relazione con il Signore Gesù: esso può aiutarci a camminare come discepoli fedeli ma, paradossalmente, può diventare un idolo che ci rende schiavi.
Non conoscere il futuro genera paura e angoscia, altre volte indifferenza o supponenza. Ma se il futuro è e resta nascosto, se sfugge alla nostra conoscenza, ciò che invece possiamo accogliere e riconoscere è la promessa pronunciata da Dio nel passato che arriva a noi nel nostro presente.
Nell’oggi degli uomini accade, infatti, la presenza di Dio.
Nel tuo oggi, nel tuo presente opera l’azione creatrice di Dio.
È nel nostro quotidiano, qualunque esso sia, che siamo chiamati ad ascoltare l’eco della voce di Dio che, dal passato, giunge a noi oggi, fecondandolo ed aprendolo al futuro.
Dinanzi al tempo, siamo come gli esperti di canottaggio: possiamo andare avanti solo dando il dorso alla meta – al futuro – che dunque ci sfugge, cercando di orientarci a partire da ciò che resta davanti a noi, la riva da cui siamo partiti, ovvero quel passato in cui Dio è intervenuto, pronunciando la sua promessa per me.
Siamo chiamati a diventare esperti operatori di memoria.
Ricordare è arte delicata e preziosa per usare sapientemente del tempo donatoci.
Esercitarsi nella memoria è essenziale per discernere il presente e abitare il futuro.
Chi non sa ricordare, non può sperare. Quando capiterà di essere disorientati e impauriti dal futuro, quando capiterà di non avere la forza per posare lo sguardo sull’avvenire, abbiamo due strade davanti a noi: o possiamo lasciarci prendere dalle angosce più bloccanti oppure possiamo ricordare. E se nel mio passato saprò riconoscere che il Padre di Gesù, nonostante tutto, è rimasto fedele fino al mio oggi, saprò allora capace di accogliere nel cuore la speranza che Egli sarà fedele e presente anche nel mio domani, qualunque esso sia.
Nell’incrocio tra passato e futuro, il presente, sostenuto da questa speranza, acquista una nuova luce: in ogni oggi, ti è data la possibilità di ricominciare sempre. Senza essere schiavo del passato, senza essere schiavo del futuro.
Libero di accogliere Dio nel tuo presente: Scendi subito. Oggi devo fermarmi a casa tua! (Lc 19,5).