Testi della Liturgia della Parola
Sir 3, 3-7.14-17
Sal 127 Col 3,12-21
Mt 2,13-15.19-23
La domenica successiva alla solennità del Natale del Signore, la Liturgia ci fa allargare lo sguardo: dal bambino alla famiglia; da Gesù al contesto umano che è stato chiamato ad accompagnarlo nella vita. Questo zoom out può lasciaci già intendere quale sia la prospettiva della nostra vita cristiana: quella fraterna e familiare.
Tale prospettiva ci salva dalla possibilità di vivere la relazione con il Signore in rapporto uno a uno. La famiglia di Gesù apre all’opportunità dell’ecclesialità che da carattere alla vocazione che abbiamo ricevuto e accresce in noi l’appartenenza alla Chiesa, quale popolo di Dio. Seppure la fatica di vivere “la” comunità e “da” comunità non manchi, non permettiamo che lo scoraggiamento usurpi il sogno di Dio per noi. Il sogno continua ad accompagnare Giuseppe nel suo viaggio. Questa volta, però, è consapevole che non è da solo… «prendi con te il bambino e sua madre» (Mt 2, 13.14.20.21). In pochi versetti l’evangelista sottolinea la responsabilità dello sposo (andros) di Maria che “prende con se”. Sia Maria che Giuseppe avevano già ascoltato queste parole nell’annuncio ricevuto dall’angelo del Signore, ma ora acquistano reciprocità. «…il Signore con te» (Lc 1, 28) e «prendi con te» ci fanno intuire come la chiamata di Dio ci interpella nella nostra responsabilità e nella nostra libertà. A noi è chiesto di andare oltre la Legge, lasciando che la Parola di vita sconfini le nostre zone interiori di comfort.
Quella Parola si fa scelta concreta, decisione a mettersi in piedi, a mettersi in viaggio e a camminare insieme. Betlemme, Gerusalemme, l’Egitto, Nàzaret… poche coordinate geografiche per narrare la storia della salvezza e arrivare fino a noi come sequela quotidiana di Cristo. Questa festa liturgica ci interpella nelle nostre relazioni familiari; scuote le nostre coscienze in ordine alle tante situazioni che abitano, crescono, fioriscono e feriscono le nostre famiglie. La famiglia di Gesù, più che un modello, è una vera e propria provocazione a seguire il Signore nella complessità della vita che ci viene incontro, che travalica i nostri schemi e ci stupisce con la novità.
Quando la stanchezza si fa sentire, il sogno, il sonno, dice tutta la nostra incapacità di controllo della vita; mentre dormiamo non siamo più padroni delle nostre azioni (parliamo nel sonno, ci muoviamo, sogniamo, ecc.). Nel sogno notturno, il Signore si lascia incontrare nella nostra arrendevolezza. È in virtù di questa che la libertà si fa obbedienza alla vita.
Come non è stato facile per la famiglia tornata a Nàzaret, non lo è nemmeno per noi, oggi. Ritornare nelle nostre Nàzaret, ovvero nei luoghi della nostra quotidianità, per provare a vivere insieme il Vangelo tra la paternità e la maternità di un Dio che si fa figlio. Continuiamo a percorrere il nostro viaggio, per crescere nella consapevolezza sempre maggiore di essere già quì, sulla Terra, «concittadini dei santi e familiari di Dio» (Ef 2, 19).