Sono passati quasi 800 anni dalla morte di Francesco, ma ancora oggi la sua testimonianza è più viva che mai. Cosa avrà mai da dire un povero frate, morto nel 1226, a un gruppo di giovani in discernimento? Ama il Signore tuo Dio con tutto il cuore e con tutta la mente, e ama il prossimo tuo come te stesso.
Francesco non ha fatto altro che vivere sulla sua pelle il Vangelo di Gesù Cristo, tanto da portare impresse su e dentro di sé le ferite della Passione. "Egli non era un uomo che pregava, ma un uomo diventato preghiera", così disse di lui Tommaso da Celano.
Dal 30 luglio al 4 agosto abbiamo cercato anche noi di metterci alla sequela di Gesù, percorrendo il cammino tracciato dal Serafico Padre. A guidare il gruppo del biennio dove la bellezza di Francesco e Chiara riflette la bellezza di Dio, è stata suor Barbara Donini delle Suore Francescane Missionarie di Assisi insieme a don Alessandro Rocchetti e do Sandro Ricciato.
L’itinerario spirituale, artistico e culturale è iniziato proprio da dove lo stesso san Francesco iniziò la sua missione: la piccola chiesetta di San Damiano, luogo in cui il Poverello di Assisi fece esperienza dell’Amore sovrabbondante di Dio. Fu lì che l’Amore parlò a quel giovane assisano che, proprio come noi, portava nel cuore una semplice domanda: Signore, che cosa vuoi che io faccia?
Abbiamo ripercorso le stesse strade che Francesco e Chiara, mossi da un entusiasmo indescrivibile, percorrevano quotidianamente. Francesco ebbe a dire: «Allontanandomi da loro, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza d’animo e di corpo». È stato l'incontro con il lebbroso a suscitare in Francesco il desiderio di un cambiamento radicale e di conversione. Nel nostro percorso non sono mancati momenti di riflessione e preghiera. Proprio nel luogo dove Francesco si ritirava per incontrare il Signore nei fratelli lebbrosi, ci siamo interrogati su quale fosse oggi la "lebbra" che corrompe il nostro corpo e la nostra anima.
Alla vigilia della festa del Perdono di Assisi, la mattina di giovedì 1 agosto, raccolti nel silenzio, abbiamo raggiunto l’Eremo delle Carceri. Il contatto con la natura ci ha permesso di ricercare un'intimità con Dio, affinché, messi da parte pensieri e preoccupazioni, fosse Lui ad agire in noi. Nel pomeriggio, una volta arrivati alla Basilica di Santa Maria degli Angeli, abbiamo ottenuto insieme l’indulgenza plenaria, proprio lì in quel piccolo luogo dove Francesco desiderava che abitasse la misericordia di Dio. Fu lì che Francesco comprese la grandezza del dono che i fratelli possono essere.
Tornati ad Assisi, raggiunti da don Gianni Caliandro, abbiamo pregato dove riposano le spoglie di Francesco. In una basilica chiusa, abbiamo elevato la nostra lode al Signore, ringraziandolo per il dono di frate Francesco. Lo abbiamo fatto con le stesse parole del santo:
«Tu sei santo, Signore, unico Dio,
che compi meraviglie.
Tu sei forte, Tu sei grande, Tu sei altissimo,
Tu sei onnipotente, Tu, Padre santo, re del cielo e della terra».
La mattina seguente, sapientemente guidati da suor Barbara, abbiamo visitato la Basilica di San Francesco, ammirando da vicino gli affreschi di Giotto, Cimabue e degli altri maestri umbri del ‘200. Un’opera architettonica che, ancora oggi, toglie il fiato e lascia meravigliati i fedeli che la visitano. Gli affreschi raccontano, attraverso la vita e la morte di Francesco, la grandezza di Dio.
Non è mancata la visita ai luoghi abitati da Chiara di Assisi, colei che si abbandonò totalmente all’amore di Dio. Chiara, la “pianticella” di Francesco, era una giovane animata dallo stesso ideale di vita di Francesco e che camminava verso la stessa meta: Cristo.
Nell’ultima giornata, nel pieno dell’VIII centenario delle Stimmate di san Francesco, abbiamo raggiunto il Santuario della Verna, luogo dove, il 17 settembre 1224, mentre era assorto in preghiera, il piccolo frate ricevette le Stimmate. «Così il verace amore di Cristo aveva trasformato l’amante nell’immagine stessa dell’amato». In quel bosco, dove messer lo frate sole penetra tra le fronde degli alberi cum grande splendore, è risuonata in noi ancora quella domanda che spinse Francesco a compiere i suoi primi passi: "Signore, che cosa vuoi che io faccia?"
Cosimo Damiano Porcella, II anno