“Le Lettere di Berlicche”
C.S.Lewis
Il libro che vorremo presentare questa settimana è un classico ma allo stesso tempo un pezzo unico: parliamo infatti di Le lettere di Berlicche scritto da Clive Staples Lewis, narratore e saggista di primissimo ordine, autore della famosissima saga delle Cronache di Narnia.
Un classico: è la seconda opera più conosciuta, sia in Italia sia all’estero, di Lewis, che a sua volta è uno degli scrittori di narrativa Inglesi più conosciuti a livello internazionale, assieme al suo amico e collega J.R.R.Tolkien.
Un pezzo unico: Se è difficile trovare un libro spirituale in forma di racconto epistolare, ancora più improbabile è che i protagonisti di questo libro non siano due monaci o due sante, ma due diavoli! Berlicche, diavolo di una certa esperienza, cerca nelle sue lettere di instradare al mestiere di tentatore suo nipote Malacoda, a cui viene affidato il compito di “prendersi cura” di un “paziente” (così viene definito il giovane tentato). Lewis immagina quindi che, se da un lato abbiamo un angelo custode, certamente abbiamo anche un “diavolo custode”.
Da ciò che scrive l’esperto diavolo Berlicche, il lettore ha modo di fare una panoramica dei moti dell’anima dell’uomo messo di fronte alle tentazioni: il peso che ha l’ambiente che ci circonda, delle persone che conosciamo, delle piccole incombenze della vita quotidiana… il diavolo, come si suol dire, si nasconde nei dettagli, e Lewis è abilissimo a raccontarlo.
Nelle trentuno lettere Malacoda, tra qualche parziale successo e qualche misero fallimento, prova in tutti modi a conquistare l’anima del suo paziente, attraverso tutte le occasioni prossime di peccato possibili: discordie familiari, tiepidezza spirituale, frequentazioni ambigue, codardia di fronte agli eventi bellici (il libro è stato scritto in piena seconda guerra mondiale…). In questo modo possiamo leggere tra le righe una specie di “guida al discernimento” nelle situazioni più disparate: questo è il vero tesoro spirituale di quest’opera.
Lo stile delle lettere è arguto e spesso ironico, ma sotto questa superfice di leggerezza lo scrittore non esita a trattare temi profondi quali la fede, l’amore, la morte e tanti altri ancora. Per scrivere questo libro, Lewis stesso afferma che dovette quasi fare violenza su se stesso, non tanto perché trovasse difficile scriverlo, quanto perché dovette scrivere dal punto di vista del nemico.
Concludendo, non possiamo che consigliarvi la lettura di questo piccolo capolavoro di un grande scrittore, allo stesso tempo leggero e profondo, ricco d’immaginazione ma allo stesso tempo schietto e realistico nel descrivere i moti dell’interiorità umana.