Poco più di un anno fa, papa Francesco ha canonizzato John Henry Newman, definito da Jean Guitton il più importante dei Padri assenti al Vaticano II.
Ministro della Chiesa d’Inghilterra e professore ad Oxford, dal 1845, cattolico, sacerdote oratoriano e cardinale, la sua personalità è stata una delle più influenti del XIX secolo per le Chiese europee.
Una delle opere più importanti di Newman, prolifico scrittore di metafisica e teologia, è in realtà un’autobiografia: l’Apologia pro vita sua. Lo scritto dalla necessità, per Newman, di difendersi dalle accuse di ipocrisia e di opportunismo mosse contro di lui nel 1864 da Charles Kingsley, intellettuale anglicano.
Newman ritenne di dover rispondere iniziando a redigere qualcosa che non desiderava ma che ritenne necessaria: Non mi piace affatto essere egocentrico, e sentirmelo rimproverare. […] Non mi piace rivelare a qualunque casuale e malevolo antagonista i miei pensieri più intimi, anzi il mio rapporto personale con il creatore. Ma non mi piace nemmeno che mi si butti in faccia l’epiteto di impostore e di furfante; e se lo sopportassi mancherei verso la mia fede e verso la mia reputazione.
Ne nacque una difesa della sua vita e delle sue scelte, dove l’Autore ha raccontato la sua storia e ha aperto la sua interiorità.
Il resto si divide in cinque capitoli: il primo comprende l’infanzia e la giovinezza, la sua formazione religiosa e l’inizio del suo ministero nella Chiesa anglicana; il secondo riguarda gli inizi del movimento di rinnovamento e ritorno ai Padri, il così detto Movimento di Oxford, che ebbe una grande influenza nella Chiesa d’Inghilterra anche dopo la conversione di Newman al cattolicesimo; il terzo capitolo narra il periodo dal 1839 al 1841 nel quale Newman entra in rotta di collisione con una parte della Chiesa anglicana; il quarto capitolo narra gli anni decisivi tra il 1841 e il 1845, durante i quali lo studio approfondito dei Padri della Chiesa e la conoscenza della dottrina cattolica conducono Newman al passaggio alla tradizione cattolica avvenuta il 9 ottobre 1845; il quinto e ultimo capitolo tratta della sua posizione spirituale dopo la conversione: «Non mi pareva di avere una fede più salda nelle verità fondamentali della rivelazione, né una maggior padronanza di me; il mio fervore non era cresciuto; ma avevo l’impressione di entrare in porto dopo una traversata agitata; per questo la mia felicità, da allora ad oggi, è rimasta inalterata. Non ebbi difficoltà ad accettare gli articoli di fede che non sono inclusi nel credo anglicano. In alcuni credevo già; e nessuno rappresentò per me un problema».
L’Apologia pro vita sua è uno dei libri migliori per approcciarsi a questo grande pensatore, alla sua spiritualità e alla sua forma mentis. Se si potesse fare un paragone, l’opera è assimilabile alle Confessioni di sant’Agostino: sono entrambe autobiografie dell’anima, il cui tema principale è la ricerca spassionata della verità; inoltre, in entrambe, lo snodo principale è la conversione del protagonista.